Il lunedì nero di Novartis e Roche: la doppia pronuncia del consiglio di stato sul caso LUCENTIS-AVASTIN

Prof. Mauro M. De Rosa e Dott.ssa Anna Garaventa

 

La giornata di ieri non potrebbe essere definita altrimenti per i due colossi farmaceutici Roche e Novartis. Con la sentenza n. 4990/2019 il Consiglio di Stato pone la parola fine all’annosa vicenda relativa ai due medicinali Lucentis/Novartis e Avastin/Roche respingendo l’appello proposto dalle due Aziende avverso la sentenza del TAR Lazio n. 12168/2014, rendendo così definitiva la sanzione comminata dall’AGCM (Autorità Garante della concorrenza e del Mercato) per oltre € 180 milioni (92.028.750 per Novartis e 91.508.454 per Roche).

 

Il caso ha origine a seguito del progressivo aumento dell’utilizzo clinico negli anni dell’uso del prodotto Avastin di Roche nella cura della maculopatia oculare essudativa, nonostante il medicinale non prevedesse detta indicazione terapeutica grazie alla efficacia e sicurezza dimostrata da studi pubblicati in letteratura; tale uso (c.d. off label) è proseguito anche quando per tale indicazione terapeutica ha fatto il suo ingresso sul mercato il medicinale Lucentis. Il perpetrarsi della preferenza accordata dai clinici oftalmologi ad Avastin in luogo di Lucentis è da ricondursi al notevole maggior costo di quest’ultimo rispetto al primo.

La sanzione di particolare rilevo di cui sopra è il frutto dell’attività istruttoria condotta dall’AGCM, insospettita anche dalla richiesta di Roche ad EMA di modificare il riassunto delle caratteristiche di Avastin, al fine di citare alcuni effetti negativi connessi all’uso dello stesso per il trattamento delle patologie oftalmiche non coperte da AIC, modifica approvata nel 2012 e che nello stesso anno ha portato AIFA a ritirare dall’elenco dei medicinali rimborsabili Avastin per indicazioni off-label.

Nel corso delle indagini espletate sono emerse condotte in violazione dell’art. 101 TFUE in materia di concorrenza e accordi anticoncorrenziali da parte delle due Aziende.

In particolare, è stata contestata alle due aziende farmaceutiche un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza volta ad ottenere una differenziazione artificiosa dei medicinali Avastin e Lucentis, manipolando la percezione dei rischi dell’uso in ambito oftalmico di Avastin.

Parafrasando: Roche e Novartis avrebbero concluso un accordo di ripartizione del mercato costitutivo di una restrizione della concorrenza “per oggetto”, con lo scopo di diffondere notizie in grado di ingenerare preoccupazioni pubbliche sulla sicurezza degli usi oftalmici (off label) di Avastin, meno costoso del medicinale Lucentis.

Un’anticipazione di quale avrebbe potuto essere l’esito della controversia si era avuta, invero, già con la pronuncia della Corte di Giusitizia UE C-179/16 (ne avevamo parlato qui), alla quale il Consiglio di Stato aveva trasmesso diversi quesiti relativi all’interpretazione dell’art. 101 TFUE.

La sentenza in esame, che si appresta con ogni probabilità a divenire punto di riferimento per la futura giurisprudenza in ambito farmaceutico, richiama, conformandosi, innanzi tutto quanto affermato dal giudice europeo sul concetto di “mercato rilevante” e “restrizione della concorrenza per oggetto”, confermando la correttezza dell’operato dell’AGCM.

Inoltre, la stessa sentenza prosegue ritenendo che gli elementi di prova raccolti dimostrino in modo univoco l’esistenza tra i gruppi Roche e Novartis di plurimi contatti finalizzati ad una precisa strategia anti-competitiva: quella di enfatizzare i rischi derivanti dall’uso intravitreale (off-label) del meno costoso Avastin a fronte della maggior sicurezza di Lucentis, abusando del contesto regolatorio. Infatti: “la circostanza che due imprese titolari di prodotti farmaceutici concorrenti si concertino ai fini della diffusione di informazioni specificamente riferite al prodotto commercializzato da una sola di esse è indice del fatto che siffatta diffusione persegue obiettivi estranei, sia alla farmacovigilanza, sia alla preoccupazione di incorrere in una generica ipotesi di responsabilità da prodotto“.

Va ricordato che Novartis possiede il 33% del valore delle azioni di Roche.

Secondo il Collegio, corretto è altresì il calcolo della sanzione effettuato dall’AGCM, respingendo anche l’ultimo motivo di appello avanzato dalle società sanzionate.

Il Consiglio di Stato si prodiga nella stesura di una motivazione particolarmente dettagliata, richiamando pronunce della Corte di Giustizia UE, di Cassazione e della Consulta; inoltre, si dilunga in un preambolo relativo ai limiti del proprio sindacato, quasi a voler “blindare” la propria sentenza contro eventuali futuri ricorsi di giurisdizione di fronte alla Corte di Cassazione.

Come se non bastasse, nella medesima giornata Novartis è risultata soccombente in un altro procedimento, instaurato dalla stessa avverso il provvedimento con cui AIFA ha re-inserito l’indicazione terapeutica “degenerazione maculare correlata all’età” del medicinale per uso umano Bevacizumab/Avastin nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del SSN ex lege n. 648/1996 (indicazioni off-label).

Anche su tale questione è stata interpellata la Corte di Giustizia (C-29/17 del 21 novembre 2018 ne avevamo parlato qui) e il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4967/2019 sulla base di tale pronuncia  del giudice europeo afferma che non si ha alcuna deroga alla normativa europea nel caso dell’uso off-label, la quale è anzi pienamente rispettata, in quanto l’attività di frazionamento e riconfezionamento del prodotto farmaceutico (infatti l’utilizzo di Avastin per le indicazioni comuni a Lucentis richiede una manipolazione del medicinale da parte dei professionisti farmacisti) non modificano in modo sostanziale la composizione, la forma o altri elementi essenziali di tale medicinale.

L’operazione di riconfezionamento di Avastin non è in alcun modo equiparabile alla «preparazione» di un nuovo medicinale derivato dallo stesso, per cui non si ha alcuna incidenza sul relativo AIC e di conseguenza non sorgono problemi di compatibilità con l’ordinamento europeo, non avvenendo le stesse per fini prettamente commerciali, bensì solo per fini terapeutici individuati per singolo paziente, sulla base di una specifica prescrizione medica.

Sono dunque passati diversi anni con prese di posizione di Agenzie e Autorità nonché Società scientifiche e addirittura del Consiglio Superiore di sanità, sono stati scritti fiumi di inchiostro ipotizzando conclusioni diverse a questa articolata vicenda che ha messo in luce anche il coinvolgimento di professionisti che operavano in sede extraconvenzionale, extraospedaliera e rivelando differenze nell’interpretazione su quale fosse il setting preferenziale per l’allestimento del prodotto finale mediante il riconfezionamento.

Non è ancora possibile verificare se, a seguito di questa pronuncia definitiva, le Regioni decideranno di procedere, ove ve ne fossero gli estremi, nei confronti delle due Aziende soccombenti intentando cause risarcitorie finalizzate a recuperare i maggiori costi derivanti dalla spesa per i farmaci per le patologie oculari decise dai clinici, potenzialmente influenzati dall’esito delle azioni derivanti dalle condotte anticoncorrenziali.

Se così dovesse avvenire potrebbe essere che la parola fine alla vicenda Avastin non possa ancora essere posta, salvo che non intervenga un qualche accordo transattivo stragiudiziale finalizzato a recuperare somme di cui il SSN ha oggi ancora più bisogno.