Ritardato ingresso dei farmaci generici sul mercato – confermate le sanzioni a Servier, Biogaran e Niche per condotte anticoncorrenziali

Dott.ssa Anna Garaventa

 

Le sentenze in esame, che respingono i ricorsi delle società interessate, confermando così le ammende a loro carico per violazione delle norme sulla concorrenza, rappresentano un chiaro esempio di c.d. “sentenze trattato”, intervenendo in termini chiarificatori e definitori su un tema ampio e complesso quale quello sulla concorrenza in ambito farmaceutico.

 

Il Tribunale Europeo si pronuncia sull’intricato caso che ha visto le aziende farmaceutiche Servier, Niche e Biogaran destinatarie di provvedimenti sanzionatori da parte della Commissione Europea per aver concluso accordi in violazione della normativa sulla concorrenza.

Le sentenze (EU:T:2018:910 Causa T-677/14; EU:T:2018:922 Causa T-691/14; EU:T:2018:921 Causa T-701/14), che confermano l’operato della Commissione condotto nel corso di un’indagine sul settore farmaceutico, offrono al Giudice europeo l’occasione per meglio definire: il concetto di restrizione illegittima della concorrenza  ex art. 101 TFUE -in particolare in sede di accordi stragiudiziali-, i criteri per riconoscere se un accordo possa presentare o meno natura accessoria a quello principale, e, infine, quale responsabilità è ascrivibile alla società controllata che sia parte di tale accordo accessorio.

 

Antefatti che hanno portato alla comminazione della sanzione

La vicenda in oggetto vede coinvolte da una parte la società Servier -titolare del brevetto sul principio attivo Perindopril, dei relativi Certificati Protettivi Complementari (CPC) e di altri brevetti sul processo di produzione- insieme alla sua controllata Biogaran, e dall’altra la società “genericista” Niche, la quale, interessata ad immettere sul mercato la forma generica del farmaco de quo, ha intrapreso diverse azioni legali nanti i giudici di alcuni stati membri, contestando la validità di detti brevetti.

Nel 2005, proprio al fine di definire uno di questi procedimenti, è stata siglata una transazione stragiudiziale tra Servier e Niche, con la quale quest’ultima desisteva dal fabbricare, far fabbricare, detenere, importare, fornire o disporre di Perindopril generico fino alla scadenza dei brevetti (in prosieguo la «clausola di non commercializzazione»).

A fronte di tali rinunce, Niche otteneva da Servier, che si impegnava a non proporre azioni per contraffazione una volta scaduto il brevetto, la corresponsione di una somma pari a GBP 11,8 milioni.

In pari data Niche concludeva un accordo commerciale con Biogaran, mediante cui provvedeva a trasferire a quest’ultima il progetto relativo a tre prodotti, tra cui Perindopril generico a fronte del versamento da parte della Biogaran della somma di GBP 2,5 milioni.

L’accordo è caratterizzato dalla presenza di una clausola che prevedeva che in caso di rescissione automatica nessuna parte avrebbe avuto diritto al risarcimento.

La Commissione, indagando sulle ragioni dietro il tardivo ingresso sul mercato di taluni medicinali generici, ha esaminato gli accordi di cui sopra, concludendo per l’addebito della violazione dell’art. 101 TFUE in materia di concorrenza e l’applicazione di un’ammenda, per quanto riguarda Servier e Biogaran, pari a EUR 131. 532. 600, impugnata davanti al Tribunale UE.

 

Accordi stragiudiziali e restrizioni della concorrenza – elementi distintivi delle fattispecie vietate dalla legge

Il Tribunale, in respingimento delle doglianze avanzate dalle aziende, ha confermato, innanzitutto, il carattere restrittivo dell’accordo stragiudiziale Niche/Servier.

Secondo il giudice europeo un accordo di transazione stragiudiziale di una controversia in materia di brevetti può non avere nessuna incidenza negativa sulla concorrenza, allorquando le parti concordano nel ritenere che il brevetto contestato non sia valido, e dispongono, di conseguenza, l’entrata immediata della società di medicinali generici sul mercato; il che rappresenta l’ipotesi inversa a quella verificatasi, ove invece sono contenute nell’accordo clausole di non contestazione che comportano l’esclusione dal mercato di uno dei concorrenti.

Tuttavia, anche quest’ipotesi di previsione di una clausola dal carattere restrittivo può essere legittima: ciò avviene nel caso in cui la rinuncia alla contestazione è conseguenza del riconoscimento da parte delle parti della validità del brevetto.

Ma tale riconoscimento non risulta alla base della transazione, la quale prevede un «reverse payment», ossia un corrispettivo versato dalla società produttrice dell’originator alla società produttrice del generico, che stona con il riconoscimento della validità di un diritto, poiché, se così fosse, il flusso di denaro si sarebbe avuto a parti invertite.

Pertanto, il reverse payment rappresenta più verosimilmente un incentivo alla società di medicinali generici a rinunciare ai propri sforzi concorrenziali.

Al Tribunale è precluso il sindacato sulla validità dei brevetti, ma può pronunciarsi sull’eventuale uso improprio degli stessi al riguardo afferma che “il diritto dei brevetti non prevede un diritto di pagare concorrenti reali o potenziali affinché restino al di fuori del mercato o si astengano dal contestare un brevetto prima di entrare sul mercato”.

Dunque, perché si possa riscontrare una restrizione della concorrenza per oggetto occorre un incentivo per la società di medicinali generici e una corrispondente limitazione dei suoi sforzi tesi a concorrere con le società produttrici degli originator, con conseguente dannosità per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza.

 

Quando l’accordo può dirsi “accessorio”

L’attenzione del Giudice si sposta, quindi, sull’accordo Biogaran/Niche, sospettato di essere accessorioall’accordo Servier/Niche e non un accordo commerciale autonomo.

Fatte alcune premesse sul contenuto del principio di presunzione d’innocenza che governa il procedimento di accertamento di un’infrazione della concorrenza, il Tribunale ancora una volta condivide quanto rilevato dalla Commissione circa l’accessorietà dell’accordo, in particolare come lo stesso non sia stato concluso a condizioni commerciali di libera concorrenza e non rappresenti una prassi commerciale usuale, confermandone quindi la natura accessoria e di incentivo alla sottoscrizione dell’accordo principale e non di autonoma operazione commerciale.

In mancanza di una definizione di “condizioni commerciali di libera concorrenza”, è possibile ricorrere per analogia alla nozione di «normali condizioni di concorrenza», laddove si tratti di stabilire se due imprese che abbiano concluso una transazione commerciale lo abbiano fatto, ciascuna, sulla base di considerazioni limitate al valore economico del bene scambiato, ad esempio, alle sue prospettive di redditività e, quindi, alle normali condizioni di mercato.

Orbene, l’entità della somma (GBR 2,5 milioni) prevista a favoredi Niche, oltre all’assenza di una clausola -presente invece in accordi simili conclusi con altre società- che consentisse alla Biogaran di chiedere il rimborso delle somme versate alla Niche in caso di mancato ottenimento delle AIC, costituisce un indizio del fatto che l’accordo non fosse destinato a incitare la Biogaran a richiedere tali AIC e non avesse natura di accordo commerciale usuale.

Entrambi gli elementi rivelano il carattere non redditizio dell’operazione; questo, unitamente ad ulteriori elementi (stessa data di sottoscrizione, medesime scadenze dei versamenti, ecc.), portano alla configurazione di una violazione delle regole sulla concorrenza.

 

Il regime della responsabilità nelle società controllate

È infine affrontato il tema della responsabilità della controllata per gli atti della società madre. Invero, non vi è stata un’imputazione degli atti della società madre in capo alla controllata, ma, detenendo la Servier il 100% della sua controllata Biogaran, i due accordi sono stati conclusi tra le medesime imprese, in virtù della presunzione relativa secondo la quale in caso di controllo al 100% vi è identità di soggetti, stante l’influenza determinante esercitata da una società sull’altra.

Il Tribunale afferma, infatti, che se è possibile imputare ad una società madre la responsabilità di un’infrazione commessa dalla sua controllata e, di conseguenza, rendere le due società responsabili in solido dell’infrazione commessa dall’impresa che esse costituiscono, senza violare il principio di responsabilità personale, ciò vale a maggior ragione quando l’infrazione commessa dall’unità economica costituita da una società controllante e dalla sua controllata derivi dal concorso dei comportamenti delle due società.

L’importanza di tali pronunce è indubbia, non solo per gli interessi in gioco sottesi, economici e non, ma perché offrono all’operatore una guida sui principi che regolano la concorrenza nel settore farmaceutico, descrivendone le condotte ammesse, i loro limiti e le criticità.