Nell’equivalenza terapeutica non c’è inversione dell’onere della prova
Prof. Mauro M. De Rosa
Cadono tutti i motivi dei ricorsi di AbbVie e Gilead avverso alla equivalenza terapeutica tra i farmaci contro l’epatite C nella gara multiregionale del Piemonte del 2020.
Il Tar Lazio sostiene che non esiste l’inversione dell’onere della prova sull’equivalenza terapeutica.
La disequivalenza tra prodotti deve essere dimostrata dalle imprese, anche eventualmente con studi “testa a testa”.
Premessa
La Regione Veneto, alla fine dello scorso anno, decide di presentare richiesta ad AIFA di valutare l’equivalenza terapeutica di due prodotti differenti per il trattamento dell’epatite C, messi sul mercato da AbbVie e da Gilead, rispettivamente Mariviret ed Epclusa, con indicazioni ritenute assimilabili, ancorché differenziati nelle caratteristiche farmaceutiche e nelle modalità di somministrazione.
La richiesta è articolata e segue pedissequamente i punti previsti dal regolamento che AIFA si è data nel 2018 con Determina 818 (1) e allega alla stessa domanda una serie di documentazioni a supporto della stessa per mettere l’Agenzia nelle migliori condizioni possibili per l’effettuazione della valutazione e l’assunzione della decisione tecnico-scientifica propedeutica alla attivazione di una gara ad evidenza pubblica con lotti basati sulla equivalenza terapeutica (lotto complesso).
La decisione di AIFA
Poco tempo dopo l’AIFA, mediante decreto del suo Direttore generale del 9.12.2019 (2) a seguito di una valutazione da parte della sua Commissione tecnico-scientifica, CTS, esprime una valutazione di equivalenza sotto il profilo terapeutico tra i due prodotti a base di una combinazione in dose fissa di due principi attivi diversi: lo fa in due tempi con un primo parere preliminare positivo espresso nella seduta del 9-12 luglio 2019 e un secondo parere conclusivo espresso nella seduta del 6-8 novembre 2019.
Nel regolamento attuativo della disposizione di legge del 2012 (3) che attribuisce ad AIFA la competenza ad esprimersi sulla equivalenza terapeutica, la stessa Agenzia aveva delimitato il campo ai soli principi attivi differenti tra loro, dando per acquisito l’equivalenza di equivalenti-generici e di biosimilari con i rispettivi prodotti di riferimento, detti originatori.
Attivazione gara multiregionale Piemonte
La Regione Piemonte tramite la sua società di committenza S.C.R. (4) interviene nel percorso e, forte dell’espressione del parere di AIFA, attiva una gara ad evidenza pubblica multiregionale con Valle d’Aosta, Molise, Lazio e Puglia, inserendo nel lotto complesso n. 2453, in equivalenza tra loro, i farmaci a base di glecaprevir/pibrentasvir (MAVIRET, commercializzato dalla AbbVie) e a base di sofosbuvir/velpatasvir (EPCLUSA, commercializzato da Gilead Sciences), in dichiarata applicazione del citato decreto del DG dell’AIFA.
I ricorsi di AbbVie e di Gilead
Non si fanno attendere i ricorsi delle due multinazionali americane AbbVie e Gilead, che puntano entrambi decisamente, nei motivi preliminari, alla invalidazione delle modalità applicative della equivalenza terapeutica introdotte con la citata determinazione AIFA 23 maggio 2018.
Si differenziano nei motivi aggiunti in quanto Gilead oltrechè a contestare gli atti di gara SCR come AbbVie, chiede l’annullamento della richiesta di valutazione presentata dalla Regione Veneto in data 18 aprile 2019, con nota prot. n. 158280, da cui ovviamente parte tutto il procedimento valutativo di AIFA e le relative contestazioni.
AbbVie si avvale dello studio del noto avvocato prof. Giuseppe Franco Ferrari mentre Gilead è rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cataldo e Diego Vaiano.
Le valutazioni dei Giudici sui temi controversi
Le valutazioni dei Giudici si soffermano da subito sull’obiettivo del legislatore che è quello di “mettere in concorrenza farmaci che, sebbene fondati su diversi principi attivi, possano comunque garantire la stessa efficacia curativa”. E conseguentemente risulta lecita “la possibilità di espletare gare centralizzate cui far partecipare, per una quota prestabilita di assistiti che possano indifferentemente ricorrere ai farmaci con diversi principi attivi, tutte le società che producono determinati farmaci di pari efficacia terapeutica ed ottenere, in questo modo, un prezzo più basso di acquisto. Grazie alle gare in equivalenza si possono, secondo i Giudici “ottenere, con lo stesso budget disponibile, un maggior numero di farmaci e poter dunque curare una maggior numero di soggetti che soffrono di quella data patologia”.
Quindi non vi è, sempre secondo il Collegio, l’obiettivo di ottenere “risparmio per il pubblico erario ma soprattutto la possibilità di garantire cure più estese ed efficaci per tutta la popolazione”, nel rispetto della garanzia dei “livelli essenziali di assistenza e l’uniforme erogazione, a livello nazionale, delle prestazioni sanitarie attraverso una razionalizzazione della spesa”.
Poiché le due aziende non si presentano alla gara, vengono a cadere le contestazioni in quanto risultano improcedibili per carenza di interesse conseguente alla loro mancata partecipazione alla gara indetta dalla SCR Piemonte.
I temi controversi su cui i Giudici si sono pronunciati sono:
- AIFA adotta la determina 818/2018 senza tener conto delle motivazioni che hanno portato alla revoca della precedente determina del 2016
- AIFA adotta nelle proprie valutazioni criteri indeterminati
- AIFA non considera che i due prodotti sono tuttora coperti da brevetto
- AIFA viola competenze statali nella parte in cui le suddette linee guida fanno salvo il potere regionale di dettare “raccomandazioni di appropriatezza terapeutica e prescrittiva”
- AIFA adotta un eccesso di potere per irragionevolezza dei criteri adottati e attiva una inversione dell’onere procedimentale
- AIFA viola l’art. 7 della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui le linee guida non consentirebbero una adeguata partecipazione procedimentale delle imprese farmaceutiche
- AIFA viola la legge n. 232 del 2016 nella parte in cui non si sarebbe tenuto conto del fatto che MAVIRET è stato riconosciuto alla stregua di farmaco “innovativo”
- AIFA viola il Regolamento 2004/726/CE nella parte in cui non vi sarebbe stata interlocuzione alcuna tra AIFA ed EMA
- AIFA viola l’art. 7 del decreto-legge n. 347 del 2001 nella parte in cui la tutela brevettuale, attraverso la predisposizione di gare centralizzate, sarebbe sostanzialmente posta nel nulla.
Tutte queste contestazioni vengono respinte dai Giudici e nel merito si rinvia per un esame più articolato alle due sentenze del TAR Lazio N. 9203/2020 su ricorso AbbVie e TAR Lazio N. 9198/2020 su ricorso Gilead.
Ci soffermiamo su un unico punto che, a nostro avviso, corrisponde ad un precedente di estremo rilievo, già messo in evidenza nel 2016, in un convegno di Pharmadoc a Milano nel 2016, da illustri avvocati aziendali (cfr. F. Massimino di Roche (5) e dallo stesso prof. Ferrari, che assiste AbbVie.
L’inversione dell’onere della prova
La tesi degli avvocati è che AIFA sia nel 2016 e poi anche nel 2018 imporrebbe l’”inversione dell’onere della prova” della asserita equivalenza terapeutica tra due prodotti diversi a base di principi attivi differenti, facendola ricadere sulle aziende farmaceutiche anziché portare documentazione probante a sostegno della sua tesi.
Il punto è a chi compete definire l’equivalenza terapeutica o meglio a chi compete definire la disequivalenza terapeutica?
Con queste due sentenze i Giudici avvalorano la tesi che l’onere della prova sulla non equivalenza terapeutica tra prodotti spetta alle aziende farmaceutica e non all’AIFA, cioè un organo della Pubblica Amministrazione.
Vediamo qui nel dettaglio le motivazioni che il 9 giugno 2020 adducono i Giudici Riccardo Savoia, Presidente e i due Consiglieri Massimo Santini e Paolo Marotta.
Secondo AIFA l’assenza di documentazione di studi di superiorità in grado di valutare se un prodotto è o non è superiore ad un altro sotto il profilo terapeutico depone per una loro equivalenza stante la indicazione assimilabile approvata e l’attribuzione di un livello classificatorio identico secondo il sistema ATC. Secondo le due aziende questo non sarebbe sufficiente a dimostrare la equivalenza tra i due prodotti.
Secondo le due aziende ricorrenti, il regolamento AIFA attiva una inversione dell’onere procedimentale per cui anziché ad AIFA dovrebbe spettare alle due Aziende dimostrare che i due prodotti non sono terapeuticamente sovrapponibili e quindi terapeuticamente equivalenti, cioè dovrebbero effettuare “studi testa a testa”, ad oggi non disponibili.
Perché questo onere non spetta ad AIFA?
Le motivazioni appaiono “concepite da AIFA nell’esercizio del proprio potere tecnico-discrezionale, dunque sindacabili nei soli limiti della palese irragionevolezza o della manifesta illogicità” e dunque sono prive di vizi e sostanzialmente fondate in quanto:
- la norma non opera riferimenti a particolari “documenti” da ottenere ed esibire, ai fini della suddetta equivalenza, ma soltanto a “documentate valutazioni”
- la stessa assenza di studi di superiorità, puntualmente e debitamente documentata, costituisce una forma di documentazione
- le “documentate valutazioni” potranno svolgersi:
- sia in positivo (come pure emerge dalla lettura di alcuni dei criteri: si veda ad esempio il n. 1 sulla “esperienza d’uso” del farmaco oppure il n. 4 sulle “indicazioni terapeutiche”)
- sia in negativo (come quello di specie, il n. 2, allorché le prove di efficacia possono essere raggiunte anche tramite la attestazione, accuratamente da “documentare”, circa la assenza di studi di superiorità).
L’ET come la VIA
Ad ulteriore supporto delle motivazioni i Giudici dichiarano che non si tratta di inversione di oneri procedimentali perché:
- si tratta di disposizione di snellimento burocratico diretta, in quanto tale, ad accelerare simili procedimenti, peraltro solitamente invocate e non osteggiate dalle imprese stesse,
- possono essere eventualmente le aziende farmaceutiche a produrre simili “studi di superiorità”,
- richiedono notevoli risorse per le ampie dimensioni organizzative degli studi di cui le stesse possono normalmente disporre.
Per avvalorare la loro decisione, i Giudici citano, in via analogica, “tutti quei settori, tra cui infrastrutture ed energia, che intercettano il tema delle valutazioni ambientali (VIA) proprio mediante lo schema sopra delineato: studio di impatto ambientale presentato dal privato proponente, in sede di istanza, e conseguente valutazione di impatto ambientale, sullo studio medesimo, ad opera di una competente commissione statale o regionale a seconda dei casi”.
Questo schema piuttosto consolidato interessa – dicono ancora i Giudici – “non a caso proprio i settori ove il privato che vi opera è caratterizzato, oltre che da importanti dimensioni organizzative, anche da risorse di elevata qualificazione tecnico-scientifica”.
Le conclusioni alla fine sono: “se un tale modello trova applicazione in presenza di interessi pretensivi (si veda proprio il caso dei progetti sottoposti a VIA) a fortiori esso dovrebbe essere ritenuto valido qualora si tratti – come nella specie – di interessi oppositivi (sempre nella specie, al riconoscimento della equivalenza terapeutica), di situazioni ossia che il privato – soprattutto se in possesso di un certo know-how e di certe risorse – può e deve contrastare con ogni mezzo”.
Riflessioni finali
Cosa dovremo attenderci ora? Fermo restando che è probabile che le due aziende propongano appello al Consiglio di Stato che potrebbe ribaltare le decisioni dei Giudici di prime cure, l’onere per dimostrare la disequivalenza terapeutica tra due prodotti formati da differenti principi attivi ricade sulle aziende farmaceutiche.
La disequivalenza può essere dimostrata sulla base di documentazione e studi, da sottomettere all’Agenzia, che poi è tenuta a valutare prima di effettuare la valutazione della equivalenza terapeutica su richieste delle Regioni e loro Società di committenza ai fini approvvigionativi.
Risulta palese che per asserire il differenziale tra prodotti a base di principi attivi diversi sono sicuramente rilevanti le diversità di ordine:
- farmaceutico
- farmacologico
- tossicologico
ma soprattutto, ancorchè non in via esclusiva:
- clinico-terapeutico, accertato mediante studi di confronto diretto “head to head” alternativi a quelli di tipo statistico indiretto come la metanalisi tradizionale e la metanalisi a rete (NetMA) ed infine
- logico, riferito alla continuità terapeutica, laddove ritenuta motivatamente essenziale dal prescrittore.
Cambia, dunque, lo scenario precedente a queste due sentenze, con cui i Giudici respingono i ricorsi delle due aziende e ad adiuvandum di Farmindustria. Le Regioni ed AIFA vedono avvalorate dal TAR Lazio le loro posizioni e sicuramente le faranno valere in altre situazioni che si creeranno per ottenere, nel confronto competitivo avanzato, condizioni economiche e di fornitura più favorevoli.
Obiettivamente, in molti confronti tra prodotti queste differenze esistono e possono essere facilmente sostenute e dimostrate a partire dagli RCP e da studi anche non registrativi. Il punto rimane quello che tali parametrazioni siano identificate, pesate e ponderate diventando oggetto di valutazione obiettiva da parte delle Commissioni incaricate dalle Stazioni appaltanti per gli atti di gara.
Risulta sempre possibile, e forse preferibile in alcuni casi specifici, approdare al principe degli archetipi, di recente acquisizione nel settore dei farmaci, anche grazie alla fama acquisita per i biotecnologici biosimilari, per i quali diventa obbligatorio sopra i 4 e possibile anche con 3 alternative: l’accordo quadro. Le declinazioni realizzate regionalmente attengono alla tradizionale fantasia del regolatore che può trovare un punto di consenso nella definizione di un prezzo a base d’asta in grado di evitare i ricorsi giurisprudenziali e realizzare gli obiettivi archetipali: presenza di più alternative per soddisfare i bisogni dei singoli pazienti.
Conclusioni
E’ probabile che sarà d’ora in poi richiesto uno sforzo progettuale ulteriore da parte delle imprese per porre in commercio prodotti dotati di differenziale qualitativo in grado di consentire un migliore confronto competitivo, auspicando che si possa andare verso una valutazione di questo differenziale mediante l’adozione del criterio dell’offerta più vantaggiosa basato sul rapporto qualità/prezzo.
Perché si vada in questa direzione è auspicata però la effettiva revisione delle percentuali, ad oggi indicate dalla normativa, che prevedono la valutazione del prezzo massima del 30% e della qualità minima del 70%, secondo quanto segnalato dalla stessa Autorità Antitrust. Deve tornare ad essere indeterminata, soggetta cioè alla motivata ed esclusiva valutazione della stazione appaltante, la scelta su come dare concreta attuazione a quanto prescritto dall’art. 95, comma 10 bis D. Lgs. n. 50/2016 (per la parte rimasta tuttora in vigore), ove si dispone “La stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici.” Per ora il Parlamento non ne è stato capace ma non si esclude che nel futuro non vi ponga rimedio.
[1] AIFA 23 maggio 2018, prot. n. DG/818/2018, recante Linee guida sulla procedura di applicazione dell’art. 15, comma 11 ter, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 135
[2] Decreto del Direttore Generale dell’AIFA prot. n. STDG P 138186 del 9.12.2019, recante “Adozione parere di equivalenza terapeutica tra i medicinali Epclusa e Maviret”, pubblicato sul sito istituzionale dell’AIFA in data 16.12.2019
[3] In base all’art. 15, comma 11 ter, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 135
[4] S.C.R. Piemonte di indizione della gara S.C.R. 06-2018, codice procedura SCR03CC10, per la fornitura di farmaci ed emoderivati per le aziende del Servizio Sanitario regionale di cui all’art. 3, comma 1, lettera a), l.r. 19/2007
[5] Giuseppe F. Ferrari, Fausto Massimino. Diritto del farmaco. Medicinali, diritto alla salute, politiche sanitarie. Editore Cacucci. 31 luglio 2015