La clausola di revisione periodica del prezzo nei contratti ad esecuzione periodica e continuativa: applicazione e criticità
Dott. Claudio Amoroso
Nell’attuale Codice degli appalti (D. Lgs. n. 50/2016), la revisione non è obbligatoria per legge come nel precedente Codice (D. Lgs. n. 163/2006), ma opera solo se prevista dai documenti di gara. Ciò comporta l’inapplicabilità della giurisprudenza, già richiamata, sulla natura imperativa e sull’inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione delle clausole contrattuali difformi; ulteriore differenza tra la disciplina recata tra i due codici si rinviene in ordine all’applicabilità della revisione prezzi anche ai “settori speciali”, che era esclusa nel precedente regime ed è invece ora ammessa dall’art. 106 del D. Lgs. n. 50/2016.
Obiettivo dell’istituto della revisione
Da un lato è quello di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisse aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (Consiglio di. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079).
La previsione nel Codice D.Lgs. n. 163/2006
L’ art. 6, comma 4, della L. n. 537 del 1993, come novellato dall’ art. 44 della L. n. 724 del 1994, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito; tale disposizione, è stata recepita nell’art. 115 del codice dei contratti pubblici 2006. Per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, costituiva norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed era integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell’inserzione automatica. (Consiglio di Stato, Sez. III del 12.08.2019, n. 5686). La revisione prezzi non si applicava ai settori speciali (art. 31 e 206 del Codice) e neppure ai contratti di cui all’allegato II B (articolo 20), trattandosi di servizi assoggettati ad un regime particolare. Infatti come ha ricordato il Consiglio di Stato (Sez. III, sentenza del 19.06.2018, n. 3768) per i predetti servizi non era prevista una espressa previsione di applicabilità, né una disposizione che estendesse a questa tipologia di appalto la norma di cui all’art. 115 (Consiglio di Stato Sez. III del 19.06.2018 n. 3768).
C’è da precisare che l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comportava (e non comporta neppure oggi) anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione dovesse procedere agli adempimenti istruttori normativamente sanciti. Infatti la posizione del privato contraente è di interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa, di competenza del giudice amministrativo, ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo, di competenza del giudice ordinario, con riguardo al quantum, ma soltanto dopo che gli è stato riconosciuto la spettanza del compenso revisionale. (Consiglio di Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465 e Cassazione SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298).
Infatti, in tema di obbligatorietà della clausola di revisione prevista dal Codice degli appalti del 2006, il Consiglio di Stato (Sez. III, sentenza del 6.06.2018, n. 4827) ha ritenuto che, anche se tale clausola sia stata espressamente inserita nella lex specialis , non si può ritenere che vi sia una automatica applicazione ma la decisione è sempre rimessa alla specifica valutazione discrezionale della P.A che opera un bilanciamento tra l’interesse del privato e quello pubblico rivolto al contenimento della spesa. Ciò perché, come abbiamo già detto, il contraente non può vantare un diritto soggettivo, ma solo un interesse legittimo.
Va, tuttavia, parimenti precisato che la giurisprudenza della Corte regolatrice (SSUU, 13 luglio 2015, n. 14559 e 20 aprile 2017, n. 9965), richiamata dal TAR Lazio, Sezione Terza quater nella sentenza del 19.07.2019, n. 9691, ha affermato che deve pervenirsi ad opposte conclusioni nel caso in cui il contratto “rechi un’apposita clausola che preveda il puntuale obbligo dell’Amministrazione di dar luogo alla revisione dei prezzi: in tale ipotesi, la richiesta sottoposta all’esame del giudice (a prescindere dalla sua fondatezza nel merito), risolvendosi in una mera pretesa di adempimento contrattuale, non può che intendersi come volta all’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, come tale rimesso alla cognizione del giudice ordinario” .
Va ulteriormente aggiunto che se, ai sensi dell’art. 115 del D. Lgs. 163/2006, la clausola di revisione prezzi doveva essere obbligatoriamente inserita nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, essa non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto di durata, la quale costituisce proprio oggetto di specifico apprezzamento (al momento della formulazione dell’offerta economica) dei concorrenti che intendono concorrere alla gara d’appalto. Se indubbiamente il meccanismo deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo – per prevenire il pericolo di un’indebita compromissione del sinallagma contrattuale – il riequilibrio non si risolve in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o dei quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di indicizzazione” (T.A.R. Lombardia, sez. di Brescia, sez. II, 20 aprile 2012, n. 674, cit.).
La compatibilità con la Direttiva 2004/17/CE
Altra questione dibattuta è stata quella di accertare se la direttiva 2004/17/CE e i principi generali ad essa sottesi ostano o meno a norme di diritto nazionale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione degli appalti. A definire la questione posta dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (22.03.2017, n. 1297) è stata la sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 aprile 2018, C 152/17 che ha rilevato che la direttiva non impone agli Stati membri alcun obbligo specifico di prevedere disposizioni che impongano all’ente aggiudicatore di concedere alla propria controparte contrattuale una revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto.
Il quantum
Circa la quantificazione della somma dovuta dalla p.a. a titolo di revisione prezzi deve essere applicato in via suppletiva, ai sensi dell’art. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537, come novellato dall’ art. 44 della L. n. 724 del 1994, l’indice Istat dei prezzi al consumo di famiglie di operai e impiegati su base semestrale (FOI); tale “indice … costituisce il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, essa non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (Consiglio di Stato, sez. V, 20.11.2015, n. 5291”. Da tenere presente che le ragioni per derogare dall’indice FOI devono essere eccezionali e devono rispondere ad un interesse pubblico (Consiglio di Stato (Sez. III, sentenza del 1.04.2016, n. 1309). Non può rientrare tra queste circostanze eccezionali un nuovo CCNL (che aumenti i costi dei dipendenti ivi compresi maggiori oneri contributi) soprattutto se stipulato – e quindi conoscibile – al momento della stipula del contratto di appalto e, come tale, costituente una circostanza prevedibile, quindi inidoneo a giustificare una deroga dal limite dell’indice Istat (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza del 5.11.2018, n. 6237).
Nel caso delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere la quantificazione del compenso revisionale può effettuarsi ragionevolmente con il ricorso a differenti parametri statistici, può farsi riferimento ai prezzi di riferimento pubblicati dall’Osservatorio dei contratti pubblici di cui all’art. 17, comma 1, lett. a) del d.l. 6.07.2011 n. 98, convertito in legge 15.07.2011, n. 111.
La decorrenza della revisione
Secondo la Sezione V del Consiglio di Stato (sentenza del 2.08.2019, n. 5504) la revisione dei prezzi è concepibile in quanto si riferisca alle annualità di contratto successive alla prima. Per quest’ultima deve infatti presumersi che i prezzi utilizzati per raggiungere l’equilibrio contrattuale siano quelli attuali e che dunque nessuna onerosità eccessiva per la parte privata possa configurarsi. Pertanto, l’alterazione dell’equilibrio economico del contratto può configurarsi solo con il decorso del tempo e quindi a partire dalle annualità successive alla prima. Sulla stessa linea la Sezione III del Consiglio di Stato (sentenza del 13.082019, n. 5715) che aggiunge che, nel caso trattato, erano inoltre previste proroghe contrattuali per le quali i Giudici non ne hanno riconosciuto la revisione perché erano state accettate dal fornitore alle medesime condizioni. Infatti il Consiglio di Stato (Sez. III, sentenza dell’11.07.2014, n. 3585) ha precisato che la revisione prezzi si applica solo alle proroghe contrattuali, come tali previste ab origine negli atti di gara ed oggetto di consenso “a monte” ma non anche agli atti successivi al contratto originario con cui, mediante specifiche manifestazioni di volontà, è stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario per quanto concerne la remunerazione del servizio.
Altra precisazione è pervenuta da parte del TAR Campobasso (sentenza del 13.11.2018, n. 657, appellata in itinere) che ha stabilito che la revisione prezzi decorre dalla data di aggiudicazione e non da quella dell’offerta. Infatti laddove la stipula seguisse di molto tempo la conclusione della procedura di affidamento, il privato sarebbe tutelato dai limiti di validità della propria offerta e dalla conseguente facoltà di rifiuto a sottoscrivere il contratto (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza del 2.08.2019, n.5504).
Il termine di impugnazione
La revisione dei prezzi, rappresenta esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale da parte dell’Amministrazione nei confronti del privato contraente, sicché la decisione negativa adottata dalla stessa in proposito va impugnata nel termine di decadenza previsto in via generale per i provvedimenti non aventi un contenuto paritetico, pertanto il diritto alla revisione dei prezzi soggiace alla prescrizione quinquennale; in tal senso si è espresso il Consiglio di Stato (sentenza del 25.01.2016 n. 255). Si osserva infine che tale orientamento è coerente con l’art. 2948, n. 4 del Codice Civile (Prescrizione di cinque anni).
Le previsioni nel nuovo Codice D. Lgs. n. 50/2016
Nel nuovo Codice degli appalti la revisione del prezzo non è obbligatoria come nella previgente disciplina per i contratti ordinari, ma opera solo se prevista dai documenti di gara. Infatti l’art. 106 del D. Lgs. 50/2016 precisa che contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Inoltre il nuovo Codice prevede espressamente, a differenza di quello previgente, che la revisione dei prezzi si applichi anche ai settori speciali, purché prevista nella lex specialis.
Tale assunto rispecchia il parere della Sezione III del Consiglio di Stato che, con sentenza del 19.06.2018, n. 3768, ha chiarito che, nel nuovo codice degli appalti,
- la revisione non è obbligatoria per legge come nella previgente disciplina (applicabile ratione temporis alla presente controversia), ma opera solo se prevista dai documenti di gara. Ciò comporta l’inapplicabilità della giurisprudenza, già richiamata, sulla natura imperativa e sull’inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione delle clausole contrattuali difformi;
- ulteriore differenza tra la disciplina recata tra i due codici si rinviene in ordine all’applicabilità della revisione prezzi anche ai “settori speciali”, che era esclusa nel regime recato dal D.Lgs. n. 163/06 ed è invece ora ammessa dall’art. 106 del D.Lgs. n.50/2016.
Dalla lettura della sentenza si evince con chiarezza che la giurisprudenza afferente il vecchio Codice degli appalti non è applicabile sulla natura imperativa e sull’inserimento automatico delle clausole relative alla revisione prezzi e alla loro sostituzione in caso di clausole contrattuali difformi, mentre resta valida per tutto quanto è stato espresso per altri aspetti oggetto di ricorso.
Inoltre, relativamente ai contratti di forniture e servizi restano ferme le disposizioni di cui all’art. 1, comma 511, della legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016) che prevede che, in caso di variazione dei prezzi, in un aumento o in diminuzione, superiore al 10 %, l’appaltatore o il soggetto aggregatore ha facoltà di richiedere una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo medesimo. In caso di raggiungimento dell’accordo, i soggetti contraenti possono, nei trenta giorni successivi a tale accordo, esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 1373 (recesso unilaterale) del codice civile. Nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo le parti possono consensualmente risolvere il contratto senza che sia dovuto alcun indennizzo come conseguenza della risoluzione del contratto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1467 (contratto con prestazioni corrispettive) del codice civile.
Conclusione
In estrema sintesi per il vecchio Codice dei contratti, la revisione dei prezzi dei contratti ordinari era sempre dovuta, anche in mancanza di clausole della lex specialis di gara che la prevedevano espressamente o in presenza di clausole che la negavano. Oggi con il nuovo Codice (D. Lgs. n.50/2016) la revisione dei prezzi è dovuta soltanto se espressamente prevista dalla lex specialis di gara.