Gare regionali per l’acquisto di farmaci in equivalenza terapeutica (Determina AIFA n. 818/2018)

Claudio Amoroso

 

Per i farmaci originator e i rispettivi equivalenti, così come per i farmaci biologici e i rispettivi biosimilari l’equivalenza deve ritenersi «già dimostrata», mentre per medicinali contenenti principi attivi diversi, riferibili solo ai farmaci di origine chimica dopo la legge 232/2016, la determinazione n. 818/2018 di AIFA ha stabilito i criteri da utilizzare per definire l’equivalenza terapeutica ai fini dell’acquisto di tali farmaci in concorrenza. Nell’espletamento delle gare regionali troviamo una iniziale applicazione molto diversificata delle procedure acquisitive, per passare, con la scadenza del brevetto di alcuni farmaci biologici, a formule tipizzate con l’applicazione dell’accordo quadro da parte delle Centrali di acquisto e l’aggregazione di più regioni.

L’equivalenza terapeutica

La nozione di equivalenza terapeutica nasce dalla segnalazione (AS440 del 27/12/2007) dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in materia di gare pubbliche per la fornitura di specialità medicinali. In tale segnalazione l’Autorità evidenziava che nelle gare pubbliche “a pacchetto” per la fornitura di medicinali, dove venivano raggruppati e distinti i farmaci aventi principio attivo coperto da brevetto dai farmaci off-patent, si determinava una artificiosa ripartizione con l’effetto pratico di falsare la concorrenza. L’Autorità era favorevole affinché le stazioni appaltanti strutturassero i bandi di gara per la fornitura di farmaci includendo principi attivi differenti (brevettati e non), ma in relazione ai quali fosse riconosciuta presso la comunità scientifica la stessa funzione terapeutica, parere che l’AGCM, in effetti, ha mantenuto anche nella segnalazione relativa alla proposta di legge per l’acquisto di farmaci biologici mediante accordo quadro.

Successivamente il legislatore è intervenuto (art. 15, comma 11 ter del D.L. 95/2012 convertito in L. n. 135/2012) per investire l’AIFA del compito di valutare di volta in volta la sussistenza del requisito della equivalenza terapeutica in capo ai diversi farmaci considerati.

Sono seguite varie determinazioni da parte di AIFA con le quali sono stati adottati i criteri da utilizzare per stabilire l’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi.

In particolare, la determina n. 204/2014 AIFA ha disposto la procedura attraverso cui le Regioni devono presentare all’Agenzia domanda formale prima di procedere a qualsiasi gara che metta in equivalenza terapeutica farmaci contenenti principi attivi differenti.

Successivamente AIFA ha assunto la determinazione n. 458/2016 che, dopo numerose vicissitudini, è stata revocata e sostituita dalla determinazione n. 818/2018.

La determinazione n. 818 del 2018 ripristina in qualche modo la determinazione 458/2016 e prevede che l’Agenzia, tramite la Commissione tecnico scientifica (Cts), si pronunci sull’equivalenza terapeutica delle terapie di categoria omogenea su specifica richiesta delle Regioni.

Per i farmaci originator e i rispettivi equivalenti, così come per i farmaci biologici e i rispettivi biosimilari tale equivalenza deve ritenersi «già dimostrata», mentre per medicinali contenenti principi attivi diversi, la determinazione contiene i criteri da utilizzare per stabilire l’equivalenza terapeutica ai fini dell’acquisto di tali farmaci in concorrenza. La determina definisce i criteri da applicare per la valutazione da parte di AIFA delle richieste di equivalenza terapeutica fra due o più farmaci.

Come vedremo in prosieguo con l’entrata in vigore della legge 232/2016 la determina non si applica ai farmaci biologici, inclusi i biotecnologici ed i corrispondenti biosimilari basati su principi attivi differenti.

Occorre ricordare che la mancata richiesta del parere AIFA ha determinato un contenzioso infinito su diverse procedure di gara e su alcune delibere regionali che dettano direttive sull’utilizzo dei biosimilari.

La legge finanziaria 2017 n. 232/2016

La scadenza dei brevetti dei primi farmaci originatori ha vissuto inizialmente un graduale passaggio di adattamento per cui abbiamo assistito alla composizione di lotti distinti tra originatori e biosimilari che ha determinato tutta una serie di ricorsi, per pervenire dopo una giurisprudenza altalenante all’affermazione del lotto unico.

Una svolta decisiva a tale strutturazione è sicuramente riferibile al parere AS1049/2013 “Disciplina speciale di alcune gare per la fornitura di farmaci”, in Bollettino n.21 del 3 giugno 201, con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato ha ribadito “l’illegittimità dell’esclusione di un principio di equivalenza terapeutica tra le due tipologie di farmaci (originator e biosimilari) e la piena riconducibilità delle stesse a un unico mercato rilevante del prodotto”.

Con la legge di stabilità n. 232/2016 art. 1, commi 397-408 sono state introdotte modifiche alle procedure di acquisto dei farmaci biologici (inclusi i biotecnologici) da parte del SSN.

Il legislatore si è posto l’obiettivo di incentivare la diffusione dei prodotti biosimilari una volta decaduta la copertura brevettuale dell’originatore e stimolare la concorrenza di prezzo tra off–patent, in modo da rendere economicamente sostenibile l’afflusso nelle strutture del SSN dei medicinali di nuova generazione. Relativamente a tali farmaci il legislatore ha posto il divieto di porre nello stesso lotto di gara principi attivi differenti, anche se aventi le stesse caratteristiche terapeutiche. Questo ha in parte svuotato l’incidenza dell’art. 15, comma 11 ter del D.L 95/2012 che a questo punto deve ritenersi riferito soltanto ai farmaci di origine chimica, come d’altronde aveva segnalato l’AGCM.

La governance farmaceutica

Il Ministero della Salute ha presentato il documento di indirizzo della nuova governance farmaceutica. Analizzeremo i punti di questo documento nella parte in cui si prevedono ricadute nell’acquisto di farmaci in equivalenza terapeutica.

Secondo il Ministero è necessario potenziare l’informazione sui medicinali equivalenti anche al fine di un incremento consapevole del relativo utilizzo appropriato, mediante specifiche iniziative informative rivolte ai cittadini. Infatti l’incremento dell’utilizzo appropriato dei farmaci equivalenti è strettamente collegato alla sostenibilità della spesa sanitaria in generale e della spesa farmaceutica in particolare.

Si chiede una revisione delle disposizioni normative in materia di biosimilari al fine di promuovere l’accesso alle cure e promuovere una maggiore concorrenzialità. Infatti, secondo il Ministero, le attuali conoscenze scientifiche sono tali da garantire la sovrapponibilità in termini di efficacia e sicurezza fra i farmaci originatori e i biosimilari, concetto già espresso da AIFA nella determina n. 818/2016.

Il Ministero constata nel documento che, nell’ambito degli acquisti diretti, si registra ancora una quota troppo bassa di acquisiti in regime di concorrenza, nonché una variabilità significativa tra le varie Regioni, per cui chiede ad AIFA di svolgere un’attività continua di revisione delle possibili categorie di farmaci da considerarsi terapeuticamente equivalenti per permettere di effettuare gare a livello sovraregionale /regionale/locale.

AIFA ha presentato il piano delle attività per l’anno 2019, in tale documento sono stati previsti obiettivi che vanno nella direzione indicata dal Ministero della Salute, prevedendo, tra l’altro, che sulle equivalenze terapeutiche i tempi di concessione dei pareri saranno espressi dalla CTS in tempi congrui (90 – 120 giorni) e successivamente resi disponibili per le consultazioni da parte delle Regioni.

Le gare regionali

Diciamo subito, come abbiamo visto in precedenza, che per le gare per l’acquisto di biosimilari l’equivalenza terapeutica tra principi attivi diversi non rientra in questa tipologia in quanto la struttura dei lotti di gara è stata puntualmente definita dalla legge di bilancio 2017, inoltre restano esclusi dall’ambito di applicazione dell’equivalenza terapeutica anche le cure erogate in distribuzione convenzionata.

A partire dall’anno 2018 abbiamo assistito ad un notevole aumento nel numero di gare indette da diverse Amministrazioni principalmente a livello regionale. Dopo l’espletamento delle gare per la copertura della maggior parte dei principi attivi, l’attenzione delle Stazioni appaltanti si è rivolta ai farmaci biologici dopo la scadenza dei relativi brevetti e l’immissione in commercio dei rispettivi biosimilari. Dopo una partenza lenta ed a macchia di leopardo, si è avuta una forte accelerazione delle procedure delle gare con una sorta di derugulation delle stesse. Infatti si è passati da una prima fase laddove, allo scadere dei brevetti, si andava ad una semplice rinegoziazione con le Aziende originatrici, all’avvio di un nuovo confronto concorrenziale, con una diversa applicazione, a livello nazionale, della tempistica applicativa e dietro lo stimolo da parte dell’AGCM a indire nuove gare. Con la legge 232/2016 ci ha pensato il legislatore a definire il termine massimo di 60 giorni per procedere ad un nuovo confronto. A questo punto si è innescata una corsa, spesso emulativa, tra le Stazioni appaltanti, nella interpretazione se, all’entrata di un secondo biosimilare, si dovesse procedere ad un nuovo confronto. I dubbi sulla interpretazione della norma sono stati superati dalla lex specialis dei capitolati che ha previsto nuovi confronti per ogni ingresso di nuovo biosimilare. Tutto questo se da una parte ha determinato in alcuni casi un crollo dei prezzi dei farmaci con forti economie per le Amministrazioni, dall’altro ha creato non pochi problemi nel rispetto e nella gestione dei contratti, con difficoltà in alcuni casi ad assicurare la continuità terapeutica,

Altro fenomeno che, seppur previsto dalla Direttiva UE appalti e dal Codice, ha avuto uno sviluppo improvviso e probabilmente non programmato, è stata l’aggregazione di più regioni per l’acquisto di farmaci ad alto costo, in particolare oncologici e innovativi.

Sulla scelta dello strumento procedurale per l’acquisizione di tali farmaci le Stazioni si sono trovate tutte d’accordo con l’utilizzo dell’accordo quadro. Occorre constatare che non vi è stata una uniformità applicativa, infatti, fermo restando l’applicazione dell’accordo quadro laddove è la norma che lo obbliga, in presenza di meno di tre prodotti non tutte le Stazioni appaltanti si sono dichiarate disposte ad applicare l’accordo quadro. Inoltre quando si è aderito a questa ipotesi spesso è stata posta la limitazione introdotta per la prima volta da Consip con la formula matematica c.d. “n -1”, ossia l’ultimo della graduatoria resta fuori da una potenziale aggiudicazione, mettendo di fatto a disposizione del medico prescrittore un solo farmaco oltre quello risultato aggiudicatario.

Altra diversità si è riscontrata nella definizione dei quantitativi da assegnare ai diversi aggiudicatari nell’accordo quadro multifornitore, mentre la maggior parte delle Centrali di acquisto non ne ha definito preventivamente la ripartizione, alcune hanno stabilito delle percentuali differenziate in modo decrescente in base alla graduatoria risultata dall’accordo quadro.

Altra differenza si rileva nella individuazione dei competitor utilmente classificati nella graduatoria dell’accordo quadro, la norma parla dei primi tre, con la possibilità di andare oltre per la continuità terapeutica, alcune Stazioni appaltanti hanno stabilito nella lex specialis un numero più alto di competitor utilizzabili, altri di scorrere l’intera graduatoria.

Un’altra importante e determinante questione posta all’attenzione delle Stazioni appaltanti è stata quella di come assegnare, in assenza di percentuali predefinite, i quantitativi ai diversi competitor classificatisi. L’interpretazione maggioritaria, sempre ripresa dal comportamento di Consip, è stata quella di stabilire che l’aggiudicazione al primo classificato per minor prezzo non richiede una motivazione, diversamente per attingere dai successivi classificati devono ricorrere particolari esigenze cliniche previste in capitolato che vanno motivate. Questa interpretazione non va sicuramente nella direzione prevista dal legislatore, infatti la norma da una parte pone come obiettivo quello di garantire una effettiva garanzia della razionalizzazione della spesa, dall’altra prevede che venga assicurata un’ampia disponibilità delle terapie. Così facendo l’accordo quadro sempre più si assimila ad una procedura aperta a lotto unico, tanto vale procedere dall’inizio in tal senso, assicurando la continuità terapeutica con una procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara.

Concludendo, in assenza di norme più specifiche e chiare, le gare regionali saranno sempre più indirizzate dalla prassi, dalla copiosa giurisprudenza in merito e dalle spinte che saranno sempre più impresse dalle macroregioni aggregate per spuntare prezzi sempre più bassi con tutte le prevedibili conseguenze che ne deriveranno nel medio lungo termine sul mercato dei farmaci.