Gare di appalto: pubblica amministrazione tra discrezionalità ed eccesso di potere. L’applicazione dell’accordo quadro nell’acquisto di farmaci biologici
Dott. Claudio Amoroso
Nella strutturazione dell’accordo quadro per l’acquisto di farmaci biologici biosimilari ci si pone il problema della discrezionalità della Pubblica Amministrazione che deve contemperare vari interessi ed ovvero la razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie da mettere a disposizione del medico per la cura dei pazienti.
Il principio della discrezionalità amministrativa costituisce una componente essenziale dell’attività della P.A.; laddove non si è in presenza di atti vincolati, infatti, permette una scelta ponderata che tenga conto di tutti gli interessi in gioco al fine di concretizzare l’interesse pubblico.
Tuttavia la discrezionalità amministrativa non può tradursi in arbitrio e deve essere sempre esercitata nel rispetto delle leggi e dei principi cardini che governano l’ordinamento e va esercitato in modo congruo e proporzionato.
La discrezionalità della Pubblica Amministrazione si giustifica nella scelta del miglior contraente cui affidare una commessa e garantirne la qualità (art. 30 del Codice Appalti), fermo restando che tale scelta deve essere suffragata da criteri di oggettività e razionalità, perché diversamente si incorrerebbe nel vizio dell’eccesso di potere.
Andando a calare questi concetti nell’utilizzo dell’accordo quadro nell’acquisto di farmaci biologici biosimilari, faremo qualche riflessione in merito. L’art. 54 del Codice degli appalti 2016, a differenza di quello corrispondente del 2006, concede ampia discrezionalità all’Amministrazione. Infatti, rimette la scelta dell’operatore “sulla base della decisione motivata in relazione alle specifiche esigenze dell’amministrazione” mentre in precedenza questa scelta era legata al principio di rotazione (assolutamente non attuabile nel caso dei farmaci).
Successivamente, com’è noto, il legislatore, con la legge finanziaria 2017, hastabilito che “quando i medicinali sono più di tre a base del medesimo principio attivo ….al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. Quindi ci si è posti il problema di come si sarebbe potuti avvalere dei secondi e terzi classificati. Una risposta ce la fornisce Consip, alla quale si sono pressoché adeguate tutte le altre Stazioni appaltanti, ed ovvero, rifacendosi evidentemente alle indicazioni dell’art. 54, sulla base della patologia da trattare e delle caratteristiche dei pazienti, oltre naturalmente alla continuità terapeutica.
Ora è proprio questa ampia discrezionalità a poter causare degli eccessi che possono determinare uno scarso o eccessivo uso dell’accordo quadro. Infatti se ci si attesta soltanto sul primo classificato, come molto spesso accade, si mortifica il principio ispiratore della norma (“garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie”), se mentre si eccede sugli altri classificati si rischia di invertire la graduatoria.
La risposta ce la dà il TAR Lazio che, con sentenza n. 4555 del 24/04/2018, rileva “ …..nel caso di Accordi Quadro con scelta clinica, il numero di ordini “assegnati” a ciascun soggetto risultato aggiudicatario non rispecchia necessariamente la graduatoria finale, posto che risulta impossibile determinare a priori la quota effettiva di farmaci che ciascun operatore sarà tenuto a fornire in esecuzione dei singoli Appalti Specifici”. Una considerazione finale e sintetica sull’accordo quadro: la sua valenza poggia sulla chiarezza, correttezza e congruità della motivazione posta a base delle scelta del farmaco.