EMA e obblighi vaccinali: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza!

Dott.ssa Anna Garaventa

 

Negli ultimi mesi sono spesso salite agli onori della cronaca le vicende di genitori indignati per l’estensione della vaccinazione al Covid-19 anche ai minori di anni 18, denunciando un’ipotetica lesione dei diritti e pregiudizio per la salute dei propri figli.

Tale indignazione si è anche concretizzata nell’esperimento di rimedi giurisdizionali proposti davanti al TAR e persino al Tribunale Europeo, poiché la responsabilità ricadrebbe sull’Unione Europea, e nello specifico su EMA (l’Agenzia europea per i medicinali).

Sull’infondatezza clinico-scientifica di tali timori occorrerebbe una lunga dissertazione e mentre in questo caso -come si è visto- la discussione potrebbe non portare a nulla, aggrappandosi l’interlocutore al beneficio del dubbio, perché -a quanto pare- la scienza è incerta; nel caso, invece, delle accuse rivolte all’Unione Europea di aver imposto l’obbligo vaccinale, ebbene, su questo possiamo con sicurezza respingere simili affermazioni, perché il diritto può essere quello che si vuole, ma non incerto.

L’occasione per fare chiarezza la offre proprio il Tribunale Europeo con la sentenza T- 632/21

Il Tribunale è stato adito da un gruppo di genitori italiani che hanno impugnato la decisione della Commissione di modifica dell’autorizzazione condizionale del medicinale per uso umano “Spikevax – vaccino mRNA COVID-19 (nucleoside-modificato)” (c.d. vaccino Moderna) con la quale si è estesa l’indicazione del medicinale dalle persone di età superiore agli anni 18 ai soggetti di età superiore agli anni 12.

Secondo la tesi attorea, da tale autorizzazione discenderebbe l’obbligo vaccinale per i bambini/ragazzi di età superiore ai 12 anni, esponendoli così a un rischio specifico per la salute, trattandosi, a loro dire, “di sostanza sperimentale che ha dimostrato di avere gravi effetti collaterali sia a breve che a lungo termine”. Da tale situazione deriverebbe il loro interesse ad agire perché l’atto impugnato li riguarderebbe direttamente e individualmente in quanto genitori di figli minorenni. Inoltre, a seguito delle disposizioni nazionali in tema di green pass, i bambini a partire dai dodici anni, se desiderano accedere a strutture sportive, ricreative e culturali e, soprattutto, alla scuola, sono (ormai, erano dopo il 1/4/22) costretti a vaccinarsi contro il Covid-19.

 

La terzietà dell’EMA

La terzietà dell’EMA all’obbligo vaccinale è talmente evidente da impedire la stessa trattazione del giudizio nella fase di merito, risultando il ricorso irricevibile per difetto di interesse.

Andiamo a spiegare meglio.

L’interesse alla tutela giudiziaria (interesse ad agire) è il requisito essenziale e primo di ogni azione.

Il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo se il ricorrente ha interesse all’annullamento dell’atto impugnato. L’esistenza di un interesse alla tutela giurisdizionale da parte del ricorrente presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato (in questo caso la decisione di modifica impugnata) possa produrre effetti giuridici nei suoi confronti, ossia che l’azione possa in definitiva avvantaggiare la parte che l’ha prospettata.

Si parla, in questo caso, di interesse concreto e attuale ed è un presupposto che vale sia nel sistema processuale nazionale sia in quello europeo, ma in quest’ultimo caso, qualora il ricorrente non rientri nella categoria degli attori privilegiati e proponga un’azione contro un provvedimento non indirizzato a lui (come nel caso in esame), i requisiti dell’azione si fanno più stringenti.

Ebbene, nel caso di specie il Tribunale Europeo rileva che la decisione impugnata, è indirizzata a Moderna, che ne è l’unica destinataria:  le parti ricorrenti per quanto riguarda tale decisione sono da considerarsi terze.

Inoltre, la decisione impugnata ha come effetti, da un lato che la società produttrice (Moderna) del medicinale “Spikevax – vaccino mRNA COVID-19 (nucleoside-modificato)” può commercializzare questo prodotto per l’uso in persone di una fascia di età più ampia di quella per la quale è stata originariamente concessa l’autorizzazione e d’altro lato che agli Stati membri è vietato opporsi alla sua immissione sul mercato dell’Unione europea.

La citata decisione non crea quindi alcun onere od obbligo di sorta per le persone fisiche e non impone loro alcun obbligo di vaccinazione.

 

Ampliare le indicazioni profilattiche non significa obbligare alla vaccinazione

L’effetto della decisione impugnata è solo quello di ampliare l’indicazione del vaccino, includendovi i soggetti dai 12 ai 17 anni e non certo quello di imporre la vaccinazione obbligatoria, la quale è, invece, da ricondursi unicamente alla legislazione italiana: pertanto, non può ritenersi  pregiudicata l’integrità fisica dei figli dei ricorrenti, non venendo in alcun modo modificata la loro posizione giuridica in maniera qualificata.

Il Tribunale, data la delicatezza del tema e l’urgenza di chiarire il ruolo delle istituzioni europee, tuttavia, ritiene opportuno esaminare la ricevibilità del ricorso alla luce dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

Infatti, ai sensi della norma appena citata è stata ampliata la legittimazione ad agire delle persone fisiche e giuridiche, consentendo alle stesse di proporre ricorso d’annullamento “… contro gli atti regolamentari che le riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione”.

La prima condizione dell’interesse diretto implica, in particolare, che la misura in questione debba avere un’incidenza diretta sullo stato giuridico della persona fisica o giuridica che intenda proporre un’azione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

Tale condizione va quindi valutata unicamente sulla base degli effetti giuridici del provvedimento, mentre i suoi eventuali effetti politici non hanno alcuna incidenza sulla valutazione.

Ma, come si è già visto, risulta che la decisione impugnata non produce effetti giuridici per quanto riguarda la situazione delle ricorrenti, ma solo nei confronti di Moderna e degli Stati membri.

 

La Repubblica italiana non è tenuta a imporre l’obbligo vaccinale

È del tutto a discrezione delle autorità di Governo nazionali o europee (in cui non rientra l’EMA e la commissione che autorizza un medicinale), se ritenuto opportuno, utilizzare tale medicinale autorizzato, eventualmente anche mediante misure coercitive.

Alla luce delle considerazioni sino ad ora riassunte, il Tribunale afferma che non risulta in alcun modo che la decisione impugnata obblighi uno Stato membro, come la Repubblica italiana, a somministrare il medicinale «Spikevax – COVID-19 vaccino mRNA (nucleoside-modificato)» a bambini di età compresa tra 12 e 17 anni, o addirittura renda obbligatoria la vaccinazione con questo medicinale.

Ne consegue che la condizione che le ricorrenti siano direttamente interessate non è soddisfatta.

Secondo costante giurisprudenza, le persone diverse dai destinatari di una delibera possono essere individualmente lese solo se il provvedimento impugnato le riguarda a causa di determinate caratteristiche personali o circostanze particolari che le distinguono da tutte le altre persone e quindi le individuano in modo simile ai destinatari di tale decisione.

La mera affermazione che i ricorrenti, o almeno alcuni di loro, siano genitori di bambini di età pari o superiore a 12 anni non è sufficiente ad individuare quei genitori e quei bambini e a distinguerli dalla popolazione generale o da tutti i bambini di età compresa tra i 12 anni e 17.

Il Tribunale accoglie l’eccezione di irricevibilità e respinge il ricorso.

 

Conclusioni

Questa è sicuramente una sentenza molto “tecnica”, che rischia, quindi, di suscitare poco interesse mediatico alla luce anche della fine dello stato d’emergenza nel nostro Paese. Tuttavia, si può dire che i giudici europei abbiano il pregio di “approfittare” di ogni occasione per chiarire ai cittadini degli Stati Membri il ruolo delle istituzioni, i diritti, i limiti e le regole sul funzionamento dell’Unione europea.
Se però non si dà risonanza a tali interventi, ma ci si limita e/o ferma alla notizia “succosa” del tipo: “genitori contro l’EMA” “l’EMA impone l’obbligo del vaccino ai minorenni” e così via, ecco che si ottiene un duplice effetto negativo: da una parte si vanifica l’intento dei giudici europei di rendere l’Unione “vicina” e conosciuta ai propri cittadini; dall’altro non si chiude il cerchio della notizia data, con il risultato di un servizio di informazione incompleto, monco, e che nel tempo ha l’effetto di far percepire l’Unione e i suoi organi (in questo caso l’EMA) come qualcosa di lontano e responsabile di false accuse.