Payback DM: interviene la Corte Costituzionale e scontenta tutti
Prof. Mauro M. De Rosa , Avv. Sabrina Devoto
Abstract
La Corte Costituzionale si è pronunciata sull’annosa questione del payback dispositivi medici con due sentenze, che faranno storia e che sembrano voler contemporaneamente accontentare e scontentare tutte le parti in causa.
Premessa
Il payback DM è lo strumento mediante il quale le Aziende del settore biomedicale sono chiamate a contribuire al ripiano dello sfondamento del tetto sulla spesa per i dispositivi medici, il cui accertamento è stato posto in essere dalle Regioni e Provincie autonome. La definizione degli importi dovuti e la loro comunicazione alle Imprese e alle loro Associazioni di categoria (FIFO e Farmindustria DM) ha scatenato reazioni importanti sulla stampa e nei Tribunali amministrativi, trovando eco anche presso le Autorità governative e a livello parlamentare.
Da qui è scaturito il Decreto ministeriale che ha accolto in parte le richieste imprenditoriali e ha determinato una riduzione consistente del dovuto economico alle Regioni da parte delle Imprese.
Le Regioni non hanno però visto di buon segno la situazione così come determinatasi, tanto è che una di questa ha contestato il provvedimento ministeriale di fronte alla Corte Costituzionale.
Il contesto normativo
La disciplina del payback dei dispositivi medici è contenuta dell’art. 9-ter del D.L. n. 78 del 19 giugno 2015 convertito con modificazioni nella L. n. 125/2015, che al fine di garantire il rispetto del tetto di spesa regionale per l’acquisto di dispositivi medici pone a carico delle imprese fornitrici parte dello scostamento registrato; la norma ha previsto che l’eventuale superamento del tetto di spesa a livello nazionale e regionale sia posto “a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici per una quota complessiva pari al 40 per cento nell’anno 2015, al 45 per cento nell’anno 2016 e al 50 per cento a decorrere dall’anno 2017” .
Ma è solo con l’approvazione D.L. n. 115 del 9 agosto 2022, convertito con modificazioni nella L. n. 142/2022, il quale ha inserito il comma 9 bis all’art. 9-ter del D.L. n. 78/2015, che si realizza un’accelerazione delle procedure di ripiano relativamente al quadriennio 2015-2018.
La nuova norma ha, infatti, previsto che le Regioni e Province autonome, solo per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, definiscano con proprio provvedimento “l’elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano per ciascun anno, previa verifica della documentazione contabile anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale”, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del D.M. 6 luglio 2022, che certifica il superamento del tetto di spesa regionale.
L’attività demandata deve inoltre seguire le linee guida propedeutiche alla emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali contenute del Decreto del Ministro della salute 6 ottobre 2022, intitolato “Adozione delle linee guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018”.
Sul ripiano del superamento del tetto per il quadriennio 2015-2018 il legislatore è poi intervenuto con l’art. 8 del D.L. n. 34 del 30 marzo 2023 con cui ha istituito un fondo di euro 1.085.000.000,00 e ha posto a carico del bilancio dello Stato il 52% dell’onere originariamente destinato a gravare sulle aziende, prevedendo un meccanismo agevolato solo per le imprese che non abbiano instaurato controversie o che le abbiano abbandonate.
I ricorsi alla Corte Costituzionale
All’esame della Corte Costituzionale sono approdati sia l’art. 9-ter del D.L. n. 78 del 19 giugno 2015 che l’art. 8 del D.L. n. 34 del 30 marzo 2023.
Il sospetto di incostituzionalità del primo è stato sollevato dal TAR Lazio che, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, ha sospeso i molti giudizi pendenti instaurati dalle aziende del biomedicale, che contestavano il meccanismo stesso del payback.
Sul secondo, invece, i dubbi di costituzionalità sono stati paventati dalla Regione Campania, che contestava il meccanismo previsto per l’accesso al fondo istituito nel 2023.
L’esame da parte della Corte Costituzionale è avvenuto quasi in simultanea e le sentenze sulle due questioni sono state depositate il 22 luglio u.s..
La sentenza n. 139/2024
La Corte Costituzionale, con la sentenza 139/2024 dopo aver ritenuto infondate alcune questioni prospettate dalla Regione Campania, ritiene degna di accoglimento la contestazione relativa all’art. 8, comma 3, del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34 nella parte in cui applica uno sconto alle sole aziende che hanno accettato di rinunciare al contenzioso instaurato, consentendo di versare solo il 48% del dovuto.
La Corte osserva che il legislatore, al fine di ridurre il contenzioso, ha scelto di alleviare gli oneri delle imprese che scelgono la definizione bonaria e, quindi, si è fatto carico della quota 52% che i fornitori di dispositivi medici non dovranno più versare.
A tal fine è istituito un “fondo ad hoc” con dotazione corrispondente alla quota che cessa di gravare sulle imprese come se tutte decidessero di desistere dal contenzioso. Ne consegue che delle risorse assegnate dallo Stato, le Regioni e le Province autonome si giovano anche quando le aziende fornitrici non abbiano aderito alla definizione agevolata e restino, quindi, tenute al versamento degli interi importi dovuti alle stesse regioni e province autonome.
La combinazione tra uno sgravio per le imprese modulato in termini restrittivi e uno stanziamento di risorse concepito in modo indifferenziato conduce a riconoscere, alle Regioni e alle Province autonome che abbiano superato il tetto di spesa, risorse superiori all’importo necessario a ripianarlo.
La Corte rileva che questo meccanismo evidenzia un’incongruenza che si riverbera anche su un equilibrato e armonico assetto delle relazioni finanziarie tra lo Stato e le Regioni, presidiato dall’art. 119 Cost.
La lesione dei criteri che presiedono a tale assetto radica l’interesse della regione a ricorrere contro le disposizioni statali, idonee a vanificare le esigenze di distribuzione trasparente e razionale delle limitate risorse disponibili negli ambiti in cui si esplica l’autonomia garantita dalla Costituzione.
La Corte ritiene, dunque, che occorra ripristinare il rapporto di necessaria correlazione tra le risorse, già stanziate dal legislatore statale al fine precipuo di alleviare gli oneri delle imprese, e la finalità di rendere sostenibile, per le regioni, l’obiettivo di ripianare la spesa concernente i dispositivi medici.
Il punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti si rinviene nel riconoscimento a tutte le imprese della riduzione dell’importo dovuto, a prescindere dalla scelta di abbandonare il contenzioso.
In tal modo, si pone rimedio alla irragionevolezza della disposizione impugnata e al rischio dell’assegnazione di somme ingiustificate alle regioni che hanno travalicato i tetti di spesa imposti dal legislatore statale.
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, del D.L. 30 marzo 2023, n. 34 nella parte in cui non estende a tutte le aziende fornitrici di dispositivi medici la riduzione al 48 per cento della quota determinata dai provvedimenti regionali e provinciali di cui all’art. 9-ter, comma 9-bis, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78.
Le somme del fondo sono così interamente destinate alle aziende fornitrici di dispositivi medici, per alleviare gli oneri derivanti dal meccanismo del payback, indipendentemente dall’abbandono o meno del contenzioso.
La sentenza n. 140/2024
Dopo aver fatto un excursus normativo, la Corte con la sentenza n. 140/2024 osserva preliminarmente che l’iniziativa economica privata incontra il limite dell’utilità sociale, il che la rende compatibile con la possibile previsione legale di un contributo di solidarietà; in particolare, secondo la costante giurisprudenza della Corte, gli interventi del legislatore che limitano la libertà d’impresa al fine di tutelare l’utilità sociale non possono concretizzarsi in misure tali “da condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre sostanzialmente la funzionalizzazione dell’attività economica di cui si tratta, sacrificandone le opzioni di fondo o restringendone in rigidi confini lo spazio e l’oggetto delle stesse scelte organizzative”.
Inoltre, “il bilanciamento tra lo svolgimento dell’iniziativa economica privata e la salvaguardia dell’utilità sociale deve rispondere, in ogni caso, ai principi di ragionevolezza e proporzionalità”.
La Corte si propone, dunque, di vagliare se il meccanismo del payback sui dispositivi medici, come applicabile negli anni che vanno dal 2015 al 2018, costituisca una misura ragionevole e proporzionata.
La finalità della disciplina del payback è quella di garantire la razionalizzazione della spesa sanitaria: a tale finalità – peraltro strettamente funzionale anche alla tutela della salute – risponde la fissazione di un tetto di spesa nazionale e regionale per l’acquisto di dispositivi medici.
La ragionevolezza e la proporzionalità del meccanismo del payback
Ciò posto, osserva la Corte che il meccanismo del payback presenta criticità con riguardo, soprattutto, alla tutela delle aspettative delle imprese e alla certezza dei rapporti giuridici; tuttavia, considerate le plurime e rilevanti finalità perseguite dal legislatore, il meccanismo in esame, per come operante nel circoscritto periodo di cui al comma 9-bis, non risulta irragionevole né sproporzionato.
Esso non è irragionevole poiché pone a carico delle imprese un contributo solidaristico che trova giustificazione nell’esigenza di assicurare la dotazione di dispositivi medici necessaria alla tutela della salute, soprattutto in una generale situazione economico-finanziaria altamente critica, che non consente ai bilanci dello Stato e delle Regioni, finanziate con risorse della collettività, di far fronte in modo esaustivo alle spese richieste.
Nella valutazione della proporzionalità del meccanismo in questione assume decisivo rilievo il fatto che la Corte, con sentenza n. 139 del 2024, abbia dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, del D.L. n. 34 del 2023, “nella parte in cui non estende a tutte le aziende fornitrici di dispositivi medici la riduzione al 48 per cento della quota determinata dai provvedimenti regionali e provinciali di cui all’art. 9-ter, comma 9-bis, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78”.
Si tratta di una riduzione significativa, che rende l’onere a carico delle imprese, limitatamente al suddetto periodo, non sproporzionato.
La Corte Costituzionale dichiara non fondate, quanto al quadriennio 2015-2018, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78.
Ne consegue che anche le aziende che non hanno rinunciato al contenzioso sono tenute a versare, per le annualità 2015, 2016, 2017 e 2018, una somma corrispondente a meno della metà di quella ad esse richiesta con i provvedimenti impugnati.
Conclusioni
A seguito delle due pronunce depositate il 22 luglio 2024 ed in attesa di pubblicazione in GU, indipendentemente dalla circostanza che abbiano o meno rinunciato al contenzioso, le Aziende di DM sono tenute al pagamento del payback nella misura del 48% e solo per il periodo 2015-2018.
Per i successivi periodi la Corte non si pronuncia, non essendo stata investita della questione, ma a voler leggere tra le righe si potrebbe prevedere una posizione ben diversa.
Forse questo è l’assist che il governo attendeva per mettere mano alla riforma del payback? Non lo sappiamo ma è certo che il meccanismo è ormai entrato nel mirino e riguarda non solo il mondo dei dispositivi ma anche quello dei farmaci. Non a caso è stata istituita un apposito gruppo di lavoro presso la Commissione Finanze e Tesoro, che ha cominciato i suoi lavori nel mese di luglio 2024.
Si tratterà di vedere come verrà affrontata la questione negli emendamenti che verranno proposti nella prossima finanziaria e come si atteggeranno le Regioni che non sembrano disposte, nella loro globalità, ad accettare le indicazioni ministeriali o governative, che minano la riduzione di parti consistenti delle loro entrate almeno per come si delineano (cfr. nuovo sistema di remunerazione delle farmacie, abolizione del payback farmaci, abolizione del payback dispositivi). Un primo elemento di questa reazione non favorevole è già rintracciabile nel parere negativo dato dalla Conferenza unificata delle Regioni alle scelte governative sui provvedimenti per le liste di attesa che hanno ottenuto l’avvallo parlamentare.