Cammelli e COVID-19: le strane congiunzioni
Prof. Mauro M. De Rosa
I coronavirus sono una grande famiglia di virus. Alcuni coronavirus causano malattie simili al raffreddore nelle persone, mentre altri causano malattie in alcuni tipi di animali, come bovini, cammelli e pipistrelli. Alcuni coronavirus, come i coronavirus canini e felini, infettano solo animali e non infettano l’uomo. Ne parla apertamente il più accreditato Centro per le malattie infettive a livello mondiale, il CDC di Atlanta. (1)
Dei pipistrelli, mammiferi con le ali, se n’è discusso e scritto tanto ma dei cammelli in effetti è da poco che anche tra gli addetti ai lavori si comincia a sentire parlare.
Anche il Direttore di AIFA, Nicola Magrini ha parlato di cammelli in una recente intervista “Gli anticorpi di cammello sono di moda nei laboratori di ricerca, molto meno nello sviluppo di prodotti farmaceutici”. (2)
La giornalista che lo ha intervistato ci riferisce che:” In un laboratorio di Shanghai un gruppo di ricercatori ha isolato 381 nanoanticorpi specifici contro Covid-19, prodotti da quattro cammelli immunizzati con una piccola porzione della proteina spike di Sars-Cov2 (quella che forma le “punte” della corona del virus ed è responsabile dell’ingresso nelle cellule umane).
I nanoanticorpi sono dei frammenti di anticorpi che si formano nei camelidi, cioè la famiglia di cammelli e lama. Il più potente di quelli selezionati nello studio è stato poi riprodotto su larga scala e secondo i ricercatori potrebbe essere utilizzato tramite inalazione, quindi come uno spray nasale qualsiasi, per prevenire o sconfiggere Covid 19. La ricerca è stata pubblicata su Biorxiv, un archivio online di articoli scientifici non ancora sottoposti a revisione paritaria (cioè alla valutazione degli specialisti del settore che precede la pubblicazione su una rivista scientifica), ma non convince il direttore di Aifa, Nicola Magrini”.
Perché parlare di cammelli non è però così fuori luogo. Abbiamo provato a mettere insieme, scherzosamente, tre notizie.
First Camel news: le ricerche sui dromedari
In una ricerca pubblicata nel 2014 su The lancet Infectious Deseas (3) alcuni ricercatori del Qatar e dell’Olanda hanno dimostrato che vi era una conferma virologica della MERS-CoV nei cammelli ipotizzandola una recente epidemia che colpiva sia gli esseri umani che i cammelli.
I ricercatori che avevano testato i cammelli di una fattoria del Qatar dove si è svolta la ricerca avevano prelevato tamponi nasali, rettali e di sangue di tutti i cammelli presenti.
Per i più curiosi riportiamo che i tamponi sono stati effettuati con RT-PCR, con amplificazione mirata al gene E(upE), al gene del nucleocapside ( N ) e all’open reading frame (ORF) 1a. I campioni positivi alla PCR sono stati testati con diverse PCR specifiche per MERS-CoV e le sequenze ottenute sono state utilizzate per l’analisi filogenetica insieme alle sequenze dei casi umani collegati e di altri casi umani. Abbiamo testato campioni di siero dei cammelli per test di immunofluorescenza IgG, microarray proteico e test di neutralizzazione del virus.
Studi precedenti suggerivano che i cammelli dromedari fossero un serbatoio per questo virus. Abbiamo testato la presenza di MERS-CoV in cammelli dromedari di un allevamento in Qatar legati a due casi umani dell’infezione nell’ottobre 2013. Il progetto di ricerca era stato finanziato nell’ambito dei
Progetti dell’Unione Europea EMPERIE (contratto numero 223498) e ANTIGONE (contratto numero 278976) e il consorzio VIRGO.
Le conclusioni dei ricercatori era prevedibilmente che non era possibile conoscere se le persone nella fattoria siano state infettate dai cammelli o viceversa, o se una terza fonte fosse responsabile.
Second Camel news: il Coronavirus non uccide i cammelli
L’altra notizia dello scorso agosto (4), degna di un certo interesse per indagare queste strane congiunzioni geo-zodiacali, viene dal Kenia dove si era registrata una strage di cammelli.
Centinaia di cammelli erano risultati uccisi in quest’area dell’Africa e si pensava che potesse essere implicato il coronavirus. Dalle indagine è risultato che la causa è stata messa in relazione con un’infezione batterica e non da un ceppo di coronavirus, almeno così ha affermato il direttore dei servizi veterinari kenioti, tale Charles Ochodo.
La malattia inizialmente misteriosa era stata messa in relazione al virus perché anch’esso causa
problemi respiratori nel bestiame con conseguente morte se non trattata in tempo. Le indagini hanno dimostrato che si trattava di mannheimia haemolytica, un genere di batteri Gram-negativi, anaerobi, non spore-formanti e non mobili della famiglia delle Pasteurellaceae.
Third Camel news: anche la British American Tobacco ci prova
La terza notizia non riguarda i cammelli ma la loro immagine e il loro nome nel marchio di una nota fabbrica di sigarette, la Camel.
In un articolo comparso su Sputniknews il 02.04.2020 veniva annunciato che una delle più grandi multinazionali del tabacco, la British American Tobacco, aveva intrapreso lo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus COVID-19.
ll vaccino sarebbe stato prodotto da una consociata del produttore di sigarette, Kentucky BioProcessing, specializzata in biotecnologia. Nel 2014, la stessa azienda ha contribuito a sviluppare un farmaco sperimentale per il trattamento dell’ebola.
LA cosa interessante è l’azienda, nota per le Camel, ha affermato di aver recentemente clonato una parte della sequenza genetica di COVID-19 che ha portato allo sviluppo di un potenziale antigene.
L’antigene è stato inserito nelle piante di tabacco per la riproduzione e, una volta raccolte le piante, l’antigene è stato quindi purificato ed è ora sottoposto a test preclinici.(5)
Riflessioni scherzose
Come correttamente chiosava Nicola, dopo gli studi sui pipistrelli, mammiferi alati dal corredo cromosomico simile agli umani, adesso vanno di moda i cammelli o dromedari, per trovare la soluzione alla pandemia da CIVID-19.
E’ però possibile che a breve si parlerà anche degli alpaca, visto che i ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma hanno identificato i frammenti di anticorpi che hanno mostrato una forte risposta immunitaria (6).
I lama e i cammelli hanno già ispirato la ricerca, (7) tanto che nel 2018 la stessa EMA ha approvato un nuovo farmaco Cablivi (caplacizumab), un nanobody, un anticorpo a dominio singolo, che combina la specificità di un anticorpo completo con i vantaggi di avere una dimensione significativamente più piccola. Dopo i risultati positivi di Fase III lo scorso anno, il farmaco candidato ha ricevuto una raccomandazione di approvazione dal Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA e poi approvato con una decisione finale dell’EMA per la porpora trombotica trombocitopenica acquisita, una rara malattia autoimmune.
Quindi, come dire, i cammelli possono ispirare i fumatori, i ricercatori, i produttori.
Noi, che non abbiamo mai fumato le Camel ma abbiamo conosciuto nei nostri viaggi anche questi simpatici animali, confidiamo nell’arrivo di qualche ulteriore notizia più promettente di quelle sopra riportate, perché in attesa dei vaccini, anche gli anticorpi o i nanoanticorpi diretti contro il virus sarabbero più che benvenuti.