Base d’asta e valore della fornitura negli appalti pubblici: il percorso valutativo nel caso del farmaco

Prof. Mauro M. De Rosa e Dott. Marco Boni

La “base d’asta” rappresenta il valore di mercato attribuito dall’Amministrazione appaltante alle prestazioni richieste.
Essa deve tenere in conto le possibili, e anzi normali differenze nel prezzo dei vari prodotti/servizi comparabili presenti sul mercato. È illegittimo assumere semplicemente a base d’asta il prezzo più basso offerto in altra gara. Si prospettano soluzioni di superamento di tale soglia su base regionale – nel caso di acquisti “esclusivi”- per favorire  la partecipazione delle imprese  – ad evitare anche l’eventualità di lotti deserti.
Ma, In ogni caso, non è la base d’asta che determina l’ottenimento di bassi prezzi, ma il livello di competizione attivato.

 

Premessa

La base d’asta è una componente essenziale nelle procedure di acquisto. Rappresenta, ordinariamente, il prezzo non superabile della prestazione richiesta. L’art. 59 comma 4 lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contatti) considera inammissibili le offerte “il cui prezzo supera l’importo posto dall’amministrazione aggiudicatrice a base di gara, stabilito e documentato prima dell’avvio della procedura di appalto.”

Si tratta di un archetipo di gara tradizionalmente poco enfatizzato che è in realtà andato via via assumendo un ruolo quasi preponderante per quei lotti di gara che vedono la partecipazione di imprese con un prodotto che ha perso la protezione brevettuale e di prodotti loro competitor come biosimilari o equivalenti di origine chimica.

Vale la pena di affrontare le questioni che si pongono attraverso le posizioni che hanno assunto sulla questione specifica le Autorità di controllo sull’approvvigionamento, le decisioni dei tribunali amministrativi e le analisi degli Osservatori.

Le soluzioni “alternative” regionali che sono state messe sul tappeto si prestano a ulteriori criticità che potrebbero venire sollevate di fronte ai giudici perché in potenziale contrasto con la normativa vigente.

 

Differenza tra importo a base d’asta e valore stimato dell’appalto.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con parere n.581/2019,  ha argomentato sulla differenza tra importo a base d’asta e valore stimato dell’appalto.Ai sensi dell’art. 35 del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.), il valore stimato di un appalto da prendere in considerazione al fine di valutare l’eventuale superamento della soglia comunitaria è quello derivante dalla somma dell’importo a base di gara e di eventuali opzioni, rinnovi, premi e pagamenti.
È infatti lo stesso comma 4, dell’articolo 35 a fornire indicazioni sulle voci che costituiscono il valore stimato dell’appalto, il quale va quantificato:

a) senza considerare l’IVA
b) comprendendo il valore di opzioni e rinnovi – previsti dalla documentazione di gara
c) comprendendo il valore dei premi o pagamenti per candidati o offerenti – se previsti.

Tale valore differisce dall’importo a base d’asta.

L’importo a base d’asta è il valore di riferimento per la presentazione delle offerte economiche da parte dei concorrenti; ai fini della determinazione dello stesso non occorre tener conto di eventuali opzioni. Pertanto, negli atti di gara occorre indicare sia l’importo a base d’asta che il valore complessivo stimato dell’appalto. Per determinare il valore stimato dell’appalto, all’importo a base d’asta devono esser aggiunti – eventualmente – opzioni, rinnovo, premi e pagamenti.

 

Congruità della base d’asta

Il prezzo base d’asta deve consentite la rimuneratività della fornitura per l’operatore economico. Ed essere adeguata e congrua a garantire la qualità delle prestazioni. Ciò si desume dall’Art. 30 del Codice (Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni):

L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. (….)
Costituisce principio giurisprudenziale consolidato in materia quello per cui gli appalti pubblici devono pur sempre essere affidati ad un prezzo che consenta un adeguato margine di guadagno per le imprese, giacché le acquisizioni in perdita porterebbero inevitabilmente gli affidatari ad una negligente esecuzione, oltre che ad un probabile contenzioso: laddove i costi non considerati o non giustificati siano tali da non poter essere coperti neanche tramite il valore economico dell’utile stimato, è evidente che l’offerta diventa non remunerativa e, pertanto, non sostenibile (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 8110 e 15 aprile 2013, n. 2063; Sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963; Sez. III, 11 aprile 2012, n. 2073).”

Le stazioni appaltanti godono di un alto grado discrezionalità nel fissare la base d’asta di un appalto, cioè del valore non superabile del prezzo, determinazione sindacabile dal Giudice amministrativo solo ove manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie, ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.

Al riguardo il Consiglio di Stato, con la sentenza del 28/09/2020, n. 5634, nel ribadire la discrezionalità dell’amministrazione nella definizione del contenuto del bando di gara, ha tuttavia rilevato che è necessario che la determinazione della base d’asta sia effettuata dalla stazione appaltante facendo riferimento a criteri verificabili ed acquisendo attendibili elementi di conoscenza, al fine di scongiurare il rischio di una base d’asta arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza.

Sul punto è stato evidenziato come nel nuovo Codice degli appalti, le stazioni appaltanti debbano garantire la qualità delle prestazioni, non solo nella fase di scelta del contraente (v. art. 97 del D. Leg.vo 50/2016 in tema di esclusione delle offerte anormalmente basse), ma anche nella fase di predisposizione dei parametri della gara (v. art. 30, comma 1, D. Leg.vo 50/2016).

Pertanto, secondo i principi espressi dalla giurisprudenza, la misura del prezzo a base d’asta comporta una valutazione alla stregua di cognizioni tecniche  (andamento del prezzo di mercato ecc.) sulla quale è possibile il sindacato del giudice amministrativo, anche se limitato ai casi di complessiva inattendibilità delle operazioni e valutazioni tecniche operate dall’amministrazione, alla illogicità manifesta, alla disparità di trattamento, non essendo consentito al giudice di giungere egli stesso alla individuazione del prezzo congruo.

Afferma il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 agosto 2017 n. 4081, che la base d’asta “seppure non deve essere corrispondente necessariamente al prezzo di mercato; tuttavia, non può essere arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza (Cons. Stato, III, 10 maggio 2017, n. 2168)”. Ancora, la rilevanza della correttezza della determinazione della base d’asta con attinenza alla situazione di mercato rileva ai fini dell’utilizzazione di tutto il potenziale differenziale previsto per il prezzo nell’ambito delle gare da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 7 giugno 2017, n. 2739, 22 marzo 2016, n. 1186, 15 luglio 2013, n. 3802, 31 marzo 2012, n. 1899).”

 

Divieto di offerte in aumento sulla base d’asta

In tema di appalti pubblici vige un generale divieto di presentare offerte d’importo superiore rispetto all’importo a base d’asta fissato dalla stazione appaltante, a meno che non sia la stessa stazione appaltante a prevedere espressamente negli atti di gara la possibilità di presentare anche offerte in aumento.

ll divieto di offerte in aumento deve ritenersi sussistente qualunque sia il criterio di aggiudicazione della gara e, pertanto, sia nel caso di appalti da aggiudicare al prezzo più basso (cfr. parere AVCP 12 febbraio 2009) che nel caso di appalti da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.(Cons. Stato, sez. III, 29 maggio 2017, n. 2542, TAR Roma, 20.07.2020 n. 8462).

 

Inammissibilità ed esclusione delle offerte

Nelle ipotesi in cui siano offerti importi superiori ai valori posti a base di gara, occorre ritenere dette offerte inammissibili e procedere all’esclusione delle stesse; qualora, poi, tutte le offerte pervenute risultino inammissibili dovrà procedersi all’avvio di una nuova procedura previa pubblicazione del bando di gara, ai sensi dell’art. 56 comma 1, lett. a) del codice; “ciò, al fine ultimo di consentire uno svolgimento corretto e trasparente del confronto competitivo, che avrebbe potuto coinvolgere eventuali operatori economici inizialmente disincentivati a partecipare ad una gara il cui valore massimo era ritenuto inadeguato alla copertura dei costi di produzione ovvero al conseguimento di sufficienti margini di profitto” (cfr. Deliberazione AVCP n. 7, del 19 gennaio 2011; Deliberazione AVCP n. 12, del 10 aprile 2013).

 

Le eccezioni “difformi”

Su questa tematica, tuttavia, in difformità alle previsioni di legge, in relazione ad acquisti in esclusiva, si può notare quanto disposto, ad esempio, nell’ambito del VII° appalto specifico per la fornitura di farmaci in esclusiva per la Regione del Veneto (anno 2021) :

I prezzi indicati a base d’asta costituiscono il parametro di riferimento per l’amministrazione per la valutazione di convenienza dell’offerta. Il superamento della base d’asta non sarà motivo di esclusione, ma la Stazione Appaltante, ai sensi dell’art. 95 comma 12, si riserva aggiudicare la fornitura solamente nel caso in cui l’offerta risulti conveniente anche sulla base del confronto della stessa con le condizioni tecnico-economiche di mercato, rilevate anche sulla base dei prezzi praticati alle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto o di altre stazioni appaltanti. Si invita pertanto a presentare in ogni caso offerta anche ad un prezzo superiore rispetto alla base d’asta.

 

Base d’asta e prezzi di riferimento

Riporta il “Bando tipo” ANAC n. 1/2017:

“In presenza dei prezzi di riferimento per servizi e forniture elaborati dall’ANAC in taluni settori, così come previsto dall’art. 9, comma 7, del d.l. 24 aprile 2014 n. 66, si richiama l’obbligo delle stazioni appaltanti di tener conto di tali prezzi, per la programmazione dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione. In questo senso è altresì opportuno che la stazione appaltante tenga conto degli stessi nei documenti di gara, come ad es.nel settore sanitario ai sensi dell’art. 17, d.l. 6 luglio 2011 n. 98. Tali prezzi costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 9, d.l. n. 66/2014) e i contratti stipulati in violazione di tale prezzo massimo sono nulli; pertanto, ove pubblicati la stazione appaltante dovrà tenerli in considerazione, nell’importo vigente alla data di pubblicazione del Bando, ai fini della determinazione dell’importo a base di gara. Gli enti non soggetti agli obblighi di cui al richiamato art. 9 del d.l. n. 66/2014 potranno comunque considerare i prezzi di riferimento come utile parametro nella determinazione dell’importo a base di gara.”

Il“Bando tipo” ANAC  n. 1/2021 prevede quanto segue:

“[Eventuale in caso di pubblicazione dei prezzi di riferimento dei beni o servizi oggetto di affidamento] L’importo a base di gara è stato calcolato considerando i prezzi di riferimento per … [inserire i beni o servizi], di cui alla delibera dell’ANAC n. … del … [la stazione appaltante indica la delibera di riferimento vigente alla data di pubblicazione del bando] in relazione alla stima dei fabbisogni dettagliati nel progetto allegato al presente disciplinare. N.B. La stazione appaltante deve dettagliare le modalità di calcolo della base d’asta, esplicitando le componenti e le relative quantità cui sono stati applicati i prezzi di riferimento.”

 

Sindacabilità e portata escludente della base d’asta

Il TAR Veneto (sentenza n. 169/2020) si esprime sulla sindacabilità e sulla portata escludente della base d’asta indicata nel bando di gara.

“Nel settore degli appalti pubblici la giurisprudenza (Tar Veneto n. 1042/2017; Cons. St. n. 491/2015) ha chiarito che se, in linea generale e astratta, le clausole della legge di gara attinenti al prezzo posto a base d’asta possono annoverarsi tra le clausole cosiddette escludenti, in concreto occorre distinguere il caso in cui le predette clausole siano tali da impedire oggettivamente e indistintamente a tutti i potenziali concorrenti una corretta e consapevole formulazione dell’offerta (clausola escludente) dai casi in cui vi sia una mera difficoltà soggettiva, in capo alla singola ricorrente, di formulare un’offerta competitiva (clausola non escludente).

E’ stato, altresì, precisato che le valutazioni tecniche, incluse quelle che riguardano la determinazione della base d’asta, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti, che non può dedursi dalla presentazione di conteggi e simulazioni, unilateralmente predisposti dalla parte ricorrente, che non evidenziano alcun manifesto errore logico o di ragionevolezza e che, comunque, non dimostrano un’impossibilità oggettiva, a carico di ogni potenziale concorrente, di presentare un’offerta, ma dimostrano semplicemente l’impossibilità soltanto per l’attuale ricorrente, di presentare un’offerta, il che è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità della procedura di gara (Consiglio di Stato sez. V, 22/10/2018, n. 6006).

Secondo il Consiglio di Stato (sentenze n. 6355/2019 e  n. 8088/2019), la base d’asta deve essere formulata sulla base di una adeguata istruttoria. Non ci si può limitare a riproporre la base d’asta di una gara precedente.  (….) non essendo ragionevole fissare un valore economico, qual è la base d’asta, senza svolgere un’adeguata attività istruttoria volta ad accertare la effettiva rilevanza ed incidenza su quel valore economico dei prezzi dei prodotti da fornire, ma limitandosi a verificare la pretesa congruità anche per la nuova gara di quello stesso valore posto a base d’asta della precedente gara (del 2013), sulla base di elementi sostanzialmente non omogenei sotto una pluralità di aspetti.”

 

La base d’asta nella gara farmaci

Com’è noto, a seguito del regime di contrattazione con l’AIFA (legge 326/2003), il prezzo dei farmaci risulta parzialmente amministrato, essendo definito il “prezzo massimo di cessione al SSN”.  In base alla normativa, la negoziazione del prezzo dei farmaci tiene conto di vari elementi, tra cui il rapporto costo/efficacia, la capacità terapeutica, la presenza di prodotti simili sul mercato, l’innovatività, il prezzo sul mercato internazionale. Su tale prezzo gli enti del SSN devono, nel canale “ospedaliero” e assimilati, in applicazione di proprie procedure, contrattare gli sconti commerciali.

In argomento, l’ANAC, nella propria “Indagine conoscitiva sulle gare per la fornitura di farmaci” (anno 2011), ha raccomandato:

Quanto alle modalità di definizione del prezzo a base d’asta, le amministrazioni appaltanti dovrebbero tener conto del prezzo AIFA, eventualmente decurtato dello sconto minimo previsto dalle norme, nonché dei prezzi di aggiudicazione dei precedenti affidamenti e delle altre offerte presentate negli ultimi anni. In definitiva, appare necessario che venga predisposto preliminarmente alle procedure di gara un accurato studio di fattibilità che, contenendo gli elementi sopra richiamati, cioè ricostruendo la distribuzione dei prezzi offerti negli ultimi anni (anche in gare svolte da altre amministrazioni), permetta alla stazione appaltante di definire un prezzo a base d’asta corrispondente al reale valore di mercato dei prodotti e di promuovere, quindi, il più ampio confronto competitivo in gara”.

Su tale problematica, sotto il profilo giurisprudenziale, si richiamano le sentenze T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, n. 868/2018,  e TAR Campania-Napoli  n. 3600/2017.

La prima   ha dichiarato legittima una base d’asta, largamente al di sotto del prezzo ex factoryper il fatto che essa era comunque superiore al prezzo offerto da almeno due concorrenti in altre recenti gare, oltreché al prezzo di aggiudicazione della gara a suo tempo indetta dalla medesima stazione appaltante.

La seconda aveva annullato la gara impugnata, per essere la base d’asta troppo bassa, in ragione del fatto che essa si posizionava esattamente sul prezzo più basso di aggiudicazione del medesimo prodotto nelle recenti gare italiane.

 

Prezzi a base d’asta stressati al ribasso.

Sul piano sostanziale, emerge che un importo a base d’asta non in linea con le aspettative di prezzo del mercato determina la diserzione della gara, oltre all’eventuale impugnazione del bando, a danno, come minimo, dell’efficienza procedimentale e della correntezza delle forniture.  A basi d’asta stressate al ribasso, conseguono lotti deserti o, peggio, offerte non remunerative che preludono ad una inadeguata esecuzione del contratto. A dimostrarlo è l’aumento progressivo dei lotti non aggiudicati (24,4% nel 2018) e la crescente fuga delle imprese dalla partecipazione alle gare nell’ultimo quinquennio (fonte: Rapporto Nomisma-Assogenerici  2019).

In ogni caso, non è la base d’asta che determina l’ottenimento di bassi prezzi, ma il livello di competizione attivato.

 

Conclusioni

Non è la prima volta che interveniamo sulla tematica dei prezzi e delle basi d’asta. Una disamina sulle differenti posizioni che sono state assunte nel tempo a partire dalle Autorità di controllo fino a quelle di Regioni e delle Associazioni rappresentati di aziende farmaceutiche consente di avere più chiara la difficoltà di pervenire ad un valore di base d’asta che contemperi tutte le diverse esigenze sul campo: l’obiettivo di contenimento della spesa farmaceutica, l’efficienza procedimentale, la competitività tra le imprese, la rimuneratività delle offerte di prodotto.

Ad ogni scelta corrisponde una reazione che dipenderà dal valore di soglia che verrà raggiunta al ribasso in grado di diventare un driver di compatibilità da tutti auspicato ma difficilmente raggiungibile per un mercato che diventa sempre più competitivo per i ridotti margini di guadagno che si determinano per i prodotti maturi.