La tematica dell’equivalenza/disequivalenza terapeutica è sempre di attualità: il CDS ribalta due sentenze TAR

Prof. Mauro De Rosa e Dott.ssa Anna Garaventa

 

Nell’intervallo di soli due giorni il Consiglio di Stato ha emesso due sentenze sul tema dei presupposti applicativi dei comma 11-ter e 11-quater dell’art. 15 d.l. 95/2012 nell’ambito delle procedure di gara per l’approvvigionamento di medicinali e dei limiti della predisposizione di lotti unici da parte delle stazioni appaltanti, in entrambi i casi ribaltando gli esiti del primo grado.

 

1) Consiglio di Stato, Sentenza n. 4863 del 10 luglio 2019

La prima pronuncia è intervenuta sulla vicenda relativa alla gara per la fornitura di farmaci ed emoderivati per le aziende sanitarie della Regione Piemonte, i cui atti erano stati impugnati nanti al TAR Piemonte da parte della C.S.L. Behring, la quale censurava la scelta dell’Amministrazione di mettere in competizione in un unico lotto tutte le aziende farmaceutiche che commercializzano il Fattore IX ricombinante prodotto senza l’aggiunta di alcuna proteina esogena umana e animale per il trattamento e la cura dell’Emofilia B.

Secondo il Consiglio di Stato, diversamente da quanto affermato dal TAR, la presenza di profili di diversità, quali eventuali differenze tecniche, posologiche o molecolari, tra i due medicinali (Idelvion/CSL Behring e Alprolix/Swedish Orphan Biovitrum) non rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 15, comma 11-ter del d.l. 95/2012, il quale entra in gioco esclusivamente in caso di prodotti a base di differenti principi attivi.

Infatti, l’articolo di cui sopra prevede che “nell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’Agenzia italiana del farmaco”.

Il Collegio individua i presupposti di applicabilità di tale disposizione:

a) la sussistenza di farmaci aventi principi attivi diversi;
 b) l’intenzione della Regione di adottare una decisione basata sull’equivalenza terapeutica degli stessi”.

Orbene, i due medicinali in oggetto condividono il medesimo codice ATC sino al quinto livello (concernente il principio attivo), questo comporta -secondo il giudice d’appello- che gli stessi possano ritenersi identici, il che fa venir meno il primo presupposto applicativo.

Il Consiglio di Stato evidenzia come la condivisione sino al quinto livello del codice ATC da parte di due medicinali ne determini necessariamente anche l’equivalenza terapeutica.

Tale assunto trova conferma da quanto chiarito da AIFA all’interno della Determina n. 818 del 23.05.2018, la quale individua tra i requisiti di ammissione alla valutazione dell’equivalenza terapeutica l’appartenenza alla stessa classificazione ATC di 4° livello. Da ciò discende che qualora due prodotti appartengano alla stessa classificazione ATC oltre il 4° livello, la valutazione di AIFA non si rende necessaria, potendosene affermare tout court l’equivalenza terapeutica, sino a prova scientifica contraria.

Il Consiglio di Stato sintetizza nei seguenti termini:

se la legge italiana individua la diversità di principio attivo quale presupposto del parere AIFA sull’equivalenza terapeutica, e se AIFA espressamente limita i pareri di equivalenza terapeutica ai soli farmaci che condividono il quarto livello ATC, è evidente che, ai fini dell’acquisto centralizzato dei farmaci la medesima classificazione ATC di quinto livello è dato sufficiente per consentire gare in concorrenza, indipendentemente dalle eventuali differenze tecniche, posologiche o molecolari”.

 

2) Consiglio di Stato, Sentenza n. 4881 dell’11 luglio 2019

La seconda pronuncia presenta maggiori peculiarità, concernendo la legittimità o meno della predisposizione del lotto unico avente ad oggetto prodotti biologici a base di principi attivi differenti.

In particolare, la procedura de qua ha visto concorrere nel medesimo lotto medicinali biologici appartenenti alla stessa categoria farmacoterapica degli immunostimolanti (G-CSF), alla quale appartengono a loro volta tre ulteriori diverse formulazioni di G-CSF (il filgrastim, il lenograstim e il pegfilgrastim), tutte riconducibili -compreso il lipegfilgrastim- al gruppo di proteine denominate “citochine” ma consistenti in molecole chimicamente e strutturalmente differenti tra loro (in buona sostanza, in distinti principi attivi).

Il TAR aveva accolto il ricorso della ricorrente Teva, affermando che la fattispecie ricadeva nell’ambito applicativo dell’articolo 15, comma 11-quater d.l. 95/2012, ai sensi del quale:

Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari. Nelle procedure pubbliche di acquisto per i farmaci biosimilari non possono essere posti in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche”.

Il Consiglio di Stato, tramite un’interpretazione strettamente letterale, stravolge l’interpretazione data dal primo giudice.

Innanzi tutto, ai fini decisori, è necessario individuare la natura dei medicinali oggetto del lotto de quo, ossia se trattasi di “farmaci biologici originatori” con differenti principi attivi, oppure di farmaci “biosimilari” con differenti principi attivi.

Non sono stati sollevati dubbi sul fatto che si tratti di differenti principi attivi, ma il primo giudice ha omesso di specificare se i prodotti siano “biosimilari” con diversi principi attivi, o se siano biologici di riferimento senza che intercorra un rapporto di biosimilarità.

In breve, occorre comprendere se il divieto si applichi a tutti i farmaci biologici, siano o meno “biosimilari”, secondo la tesi di TEVA e accolta dal TAR; oppure riguardi solo la sottocategoria dei “biosimilari”, secondo la tesi dell’appellante InnovaPuglia.

Il Consiglio sposa tale ultima impostazione.

AIFA ha definito i farmaci in questione -il Loquex (lipegfilagristim) e Neulasta (pegfilagstrim)- quali farmaci “biologici originatori” o “di riferimento” con differenti principi attivi, presentando anche differente codice ATC (L03AA14 lipegfilgrastim; L03AA13 pegfilgrastim), quindi rientrano in una categoria più ampia rispetto ai biosimilari, i quali non devono presentare “alcuna differenza clinica significativa rispetto all’originatore”.

L’equivalenza terapeutica tra biosimilare e originatore è valutata a monte al momento in cui viene accertata da EMA la biosimilarità, per cui:

l’identità del principio attivo, della forma farmaceutica e la prova della bioequivalenza, dimostrate in sede di rilascio dell’AIC, assorbono e rendono superflua ogni ulteriore valutazione in ordine all’equivalenza terapeutica del medicinale generico rispetto al farmaco di riferimento e così pure del biologico di riferimento e del biosimilare” (determina AIFA n. 818 del 2018).

Sulla base di quanto esposto sino ad ora e tramite una lettura letterale del comma 11-quater che fa riferimento esclusivamente ai biosimilari -e non biologici- che presentano principi attivi differenti, la sentenza afferma che il divieto di cui al comma 11-quater non si applica al farmaco biologico di riferimento e corrispondenti biosimilari con lo stesso principio attivo, mentre i biologici “originatori” aventi differenti principi attivi (o dei biologici originatori e rispettivi biosimilari nei confronti di altri biologici originatori e rispettivi biosimilari, con differenti principi attivi), in quanto genericamente “biologici” non rientrano nell’ambito applicativo del comma 11-quater, bensì in quello del comma 11-ter che prevede l’obbligo della verifica dell’equivalenza terapeutica da parte di AIFA ai fini delle procedure di acquisto, non essendovi stata la verifica a monte da parte dell’organo regolatore europeo (EMA) propria della procedura di registrazione dei biosimilari.

La stessa AIFA ha dichiarato che:

La valutazione dell’equivalenza terapeutica si rende necessaria quando il confronto abbia ad oggetto medicinali a base di principi attivi diversi, restando dunque esclusi i farmaci a base del medesimo principio attivo che, ai sensi di altre disposizioni di legge, siano già stati oggetto di specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza da parte delle competenti autorità regolatorie. In particolare, restano esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 15, comma 11 ter i farmaci originatori ed i rispettivi equivalenti ex art. 1-bis del d.l. 27 maggio 2005, n. 87, convertito con modificazioni in legge 26 luglio 2005, n. 149, nonché i farmaci biologici di riferimento, inclusi i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari”.

Avendo la stazione appaltante richiesto il parere preventivo di AIFA, che ne ha dichiarato l’equivalenza terapeutica, gli atti di gara posti in essere dall’Amministrazione non possono che ritenersi legittimi.

Con la sentenza in esame è stata, dunque, ammessa la possibilità di mettere in gara con unico lotto farmaci biologici “originatori” con diversi principi attivi (secondo la regola dell’equivalenza); tuttavia, la valutazione di equivalenza non è rimessa alla valutazione della stazione appaltante, ma è subordinata al parere dell’AIFA, organo competente ex art. 15, comma 11 ter.

Riflessioni finali

Sono più di 17 anni dalla prima gara emiliana ad evidenza pubblica basata sull’equivalenza terapeutica che la tematica fa discutere. Non sono bastate leggi e norme applicative per risolvere le controversie che si creano laddove le stazioni appaltanti propongono lotti “unici” tra identici principi attivi o lotti “complessi” tra principi attivi diversi e ancor più recentemente quando questi prodotti sono biosimilari di originatori biotecnologici.

Sicuramente la materia è complessa e non di facile interpretazione. Non a caso i Collegi giudicanti si dividono tra TAR e Consiglio di Stato. Noi da osservatori attenti dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale mettiamo in evidenza la necessità di una maggiore chiarezza legislativa che possa consentire una più omogenea e fedele interpretazione che non generi contenzioso, di cui presumibilmente non si sente tutto questo bisogno.