Ai fini del rilascio del CPC la procedura di certificazione della conformità CE non è equiparabile a quella dell’AIC
Staff Giuripharma
La Corte di Giustizia si pronuncia sulla possibilità o meno di ottenere un CPC per una sostanza per la quale è stata operata una verifica unicamente quale accessoria ad un dispositivo medico nel corso della procedura di certificazione di conformità CE ex Direttiva 93/42, e quindi, in sostanza, se l’attività di verifica effettuata nel corso di tale procedura possa considerarsi equivalente alla procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della Direttiva 2001/83 per il rilascio dell’AIC.
Nel marzo 2011 la BS depositava presso l’Ufficio Tedesco dei Brevetti domanda di rilascio di CPC per il paclitaxel, sulla base del DE e del certificato di conformità CE rilasciato per il dispositivo medico TAXUS (stent a rilascio di paclitaxel), ritenendoli equivalenti ad un’AIC, tuttavia detto Ufficio respingeva la richiesta, in quanto il prodotto de quo non disponeva, appunto, di un’AIC per detta sostanza, utilizzata per quel determinato uso, ai sensi del regolamento n. 469/2009.
Il Giudice tedesco investito della questione, pur ritenendo che, nonostante le differenze procedurali esistenti, la valutazione ex direttiva 93/42 sui dispositivi medici abbia “ad oggetto la sicurezza, la qualità e l’utilità della sostanza incorporata in tale dispositivo medico secondo metodi simili a quelli indicati nell’allegato I della direttiva 2001/83”, decide di sottoporre alla Corte la questione se un’autorizzazione rilasciata per una combinazione dispositivo-medicinale ex Dir. 93/42 debba essere equiparata, ai fini del Reg. 469/2009, a una valida AIC ai sensi della dir. 2001/83.
La Corte di giustizia parte dal dato normativo, in particolare dall’art. 2 Reg. 469/2009 che prevede che ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio, a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83 se si tratta di un medicinale per uso umano, possa formare oggetto di un CPC alle condizioni e secondo le modalità previste da tale regolamento.
Quindi, come evidenziato dalla stessa Corte, presupposto per il rilascio del CPC è che il prodotto sia un medicinale e che sia fornito di un’AIC.
Orbene, la sostanza in esame non può essere considerata un medicinale, poiché le nozioni di “medicinale” e di “dispositivo medico” si escludono a vicenda.
Il Giudice europeo in particolare osserva come: “una sostanza che, come nel caso di specie, costituisce parte integrante di un dispositivo medico, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 93/42, e ha un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo in cui è incorporata non può essere qualificata, per tale uso, come medicinale, ai sensi della direttiva 2001/83, nonostante si possa qualificare come tale se utilizzata separatamente. Una siffatta sostanza non può pertanto rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento n. 469/2009”.
Sull’equiparabilità della procedura amministrativa a cui viene sottoposta la sostanza nell’ambito della procedura di certificazione del dispositivo a quella prevista dalla dir. 2001/83 per il rilascio dell’AIC, il Collegio afferma che: “anche se tale sostanza è valutata utilizzando metodi simili a quelli previsti all’allegato I di tale ultima direttiva, l’utilità, la qualità e la sicurezza di una siffatta sostanza vanno valutate, in conformità del punto 7.4 dell’allegato I della direttiva 93/42, non per l’uso di tale sostanza come medicinale, come sarebbe stato il caso nell’ambito della procedura amministrativa prevista dalla direttiva 2001/83, bensì tenendo conto della destinazione del dispositivo medico e dell’incorporazione della sostanza in quest’ultimo. (…) siffatta sostanza non soddisfa nessuna delle condizioni di cui all’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 per ottenere un CPC, anche qualora la qualità, la sicurezza e l’utilità di tale sostanza siano verificate per analogia con i metodi di cui all’allegato I della direttiva 2001/83”.
Pertanto, la Corte di Giustizia, in risposta al quesito sollevato dal giudice a quo, dichiara che: “che l’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 dev’essere interpretato nel senso che una procedura di autorizzazione preliminare, ai sensi della direttiva 93/42, di un dispositivo che incorpora, come parte integrante, una sostanza, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, di tale direttiva, non può essere equiparata, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, ad una procedura di AIC di tale sostanza ai sensi della direttiva 2001/83, anche qualora detta sostanza sia stata oggetto di una valutazione a norma del punto 7.4, primo e secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42”.
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