Vaccinazioni anche in farmacia: oltre il divieto per emergenza sanitaria?
Prof. Mauro M. De Rosa
Premessa
Con l’entrata in vigore della Legge 69/2009 e a seguito del Decreto Ministeriale 16 dicembre 2010, in farmacia è possibile la presenza di infermieri e fisioterapisti per lo svolgimento delle rispettive attività professionali. Tali norme, che hanno già prodotto giurisprudenza amministrativa in termini di incompatibilità professionali soggettive (cfr. TAR Umbria n. 421/2014; CDS n. 3357/2017), permettono sostanzialmente, pur con i dovuti vincoli dettati dall’art. 102 TULS (1), la presenza di altre figure sanitarie che operino all’interno della farmacia. Il Ministero della Salute ne presenta sul proprio sito ben 27 con tutti i rispettivi riferimenti normativi (2), anche se la previsione si limita ad alcune di queste.
L’art. 102 del TULS deve intendersi riferito al solo “cumulo soggettivo”, con contestuale divieto dell’esercizio contemporaneo della professione di farmacista e di altra professione o arte sanitaria da parte della stessa persona. Almeno questa è la tesi della circolare FOFI n. 11132 del 24/9/2018 (prot. 201800008056/AG) che prova a distinguere tra diritto soggettivo e diritto oggettivo.
La giurisprudenza
Con la sentenza n. 4877 dell’8 agosto 2018, il Consiglio di Stato – confermando la citata pronuncia del TAR Umbria – ha chiarito che:
“l’incompatibilità tra le professioni sanitarie e l’attività di farmacista attiene infatti esclusivamente ai profili deontologici delle relative attività, ed è manifestamente diretta ad evitare il rischio che, in casi di esercizio di entrambi i ruoli, si verifichino gravi distorsioni nel rapporto con i pazienti, o possibili conflitti di interessi o comunque in ogni caso sospetti che il medico-farmacista faccia luogo ad eccessive prescrizioni di medicinali “pro domo sua””.
Il Consiglio di Stato era precedentemente intervenuto con sentenza n. 3357/2017, dando un’interpretazione restrittiva dell’art. 102 T.U.L.S. sostenendo che:
“non è condivisibile e contrasta con il dato normativo e, in particolare, con la previsione dell’art. 1, comma 2, lett. c), del d. lgs. n. 153 del 2009 che, in attuazione dell’art. 11 del d. lgs. n 69 del 2009, espressamente consente, tra i nuovi servizi, «la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano».
Inoltre la sentenza chiarisce che l’eventuale
“effettuazione di visite mediche nell’ambito delle giornate di prevenzione dovrà essere realizzata conformemente … alle previsioni …. della normativa in materia e quindi, se del caso, dello stesso art. 45 del r.d. n. 1706 del 1938, il quale prevede che gli ambulatori medico-chirurgici devono sempre avere l’ingresso diverso da quello delle farmacie, alle quali sono annessi, e non debbono avere alcuna comunicazione interna con esse.”
La posizione FOFI
La Circolare FOFI sostiene che
“l’evoluzione della normativa in materia mostra dunque che il divieto di cumulare la professione farmaceutica con l’esercizio di altre professioni o arti sanitarie (su cui v., comunque, CDS, sez. IV, 1° ottobre 2004, n. 6409) non impedisce di prevedere, presso le farmacie, giornate di prevenzione, nell’ambito di appositi programmi di educazione sanitaria o di specifiche campagne contro le principali patologie a forte impatto sociale, anche mediante visite mediche, la cui finalità, però, sia quella appunto di favorire il valore essenziale della prevenzione sanitaria e l’anticipato contrasto di patologie a forte impatto sociale.”
Si intravvede in questa posizione la richiesta di forzare il divieto del 102, o quanto meno modularne l’interpretazione, mediante:
- programmi e campagne di natura sanitarie
- visite mediche per la prevenzione e il contrasto delle patologie a forte impatto sociale.
La domanda che si pone è se, tra queste attività autorizzate ed auspicate, si possa effettuare anche la vaccinazione dei cittadini, atto squisitamente medico ad oggi consentito in studio, a domicilio, in ambulatorio pubblico da parte di un medico convenzionato o dipendente dal SSN, eseguibile dall’infermiere ma sotto la supervisione del medico, che deve tenere sotto osservazione il paziente per eventuali situazioni di emergenza connessi con la terapia vaccinale.
La proposta Mandelli
Con un odg presentato alla Camera (allegato 1) l’on. Mandelli Presidente FOFI punta a passare da:
- attivazione di programmi di educazione sanitaria della popolazione realizzati a livello nazionale e regionale”;
- realizzazione di “campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale perseguite dall’art. 11, comma 1, lett. b) e lett. c), del d. lgs. n. 69 del 2009”;
- previsione di giornate di prevenzione o di incontri periodici medici (come dermatologi e odontoiatri), nell’ambito della prevenzione di cui si è detto, ad un livello più sfidante: la somministrazione di medicinali in farmacia ed in particolare dei vaccini.
Il Presidente Mandelli coglie l’opportunità della pandemia in corso per suggerire di “utilizzare le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e atti a garantire la tutela della privacy per la somministrazione dei vaccini da parte di medici, al fine di contenere gli accessi ospedalieri e di alleggerire il carico degli ambulatori medici”.
L’intento decisamente nobile e ad alto tasso deotontologico nella situazione emergenziale va visto nella prospettiva di ampliare sempre di più gli spazi della farmacia aperta al pubblico per interventi di natura sanitaria e per la dispensazione di servizi a pagamento in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, tramite accordi tra Regioni e Associazioni sindacali di categoria, come è avvenuto per servizi amministrativi come prenotazione esami e riscossione ticket o per attività sanitarie, una tra tutte quella dello screening delle patologie del colon-retto.
Le posizioni contrarie
FIMMG esprime la sua contrarietà
La FIMMG si esprime decisamente contraria a questa proposta e lo fa tramite il segretario nazionale Silvestro Scotti con un comunicato riportato da un noto giornale online (3), dove viene chiarito che
“l’unica possibilità di coinvolgimento proponibile tra medici e farmacisti e che va nella direzione giusta, ovvero nell’ottica di una collaborazione che realizzi un vero “rilancio” del territorio”, esclude però la possibilità per i medici di effettuare la vaccinazione anche presso le farmacie perché “vietato dal testo unico delle leggi sanitarie””.
Sempre nel testo citato, oltre a proposte di intervento che tengono conto delle situazioni che si possono prevedere nella fase autunnale di affollamento degli studi medici, si esprime ferma contrarietà rispetto al tentativo di riformare il disposto normativo vigente:
“Non comprendiamo come un parlamentare di grande esperienza come l’Onorevole Mandelli – stigmatizza Scotti – non tenga conto di una legge dello Stato, non si ponga il problema di rispettare il divieto, previsto dall’articolo 102 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, per il quale esiste una incompatibilità a determinare in maniera generica un ambulatorio medico nell’ambito di una farmacia. Tanto più considerando la carenza di medici per la quale tale previsione si presterebbe più al “prestanomismo” che alla reale presenza dei medici richiamati nell’ordine del giorno.”
La posizione FNOMCEO: contrarietà e osservanza della legge
Anche il Presidente della FNOMCEO, Filippo Anelli, esprime la sua contrarietà, dicendosi “convinto più che mai dell’utilità di una strategia vaccinale contro l’influenza in questa fase 2 dell’epidemia di Covid-19“, dice anche di nutrire
“forti perplessità che il divieto, previsto dall’articolo 102 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, sull’esercizio della professione medica in farmacia possa essere superato, in assenza di una regolamentazione che eviti un possibile conflitto di interessi”. …“”La somministrazione dei vaccini da parte del medico, tuttavia, prevede atti clinici, in quanto presuppone l’anamnesi, la valutazione dello stato di salute della persona, la prescrizione e l’eventuale intervento in caso del manifestarsi di reazioni allergiche o altri effetti indesiderati – conclude Anelli -. Per questo motivo, riteniamo opportuno che il Governo valuti con estrema cautela la realizzazione di quanto previsto nell’Ordine del Giorno”.(4)
Le posizioni a favore
Federfarma: si ma con cautela
Più cauta la voce di Federfarma che in un comunicato si esprime a favore ma con cautela e solo dopo l’approvazione condivisa di percorsi che non portino a competitività tra professioni:
“ Per corrispondere alle primarie esigenze di tutela della salute della popolazione, Federfarma ritiene imprescindibile stabilire le necessarie interazioni con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta per individuare quei percorsi condivisi che – a similitudine di quanto avviene in altri Paesi dell’Unione europea – porti alla promozione e all’esecuzione di campagne vaccinali antinfluenzali nelle farmacie, in un’ottica di complementarietà e non certo di competitività tra professionisti che godono tutti della fiducia dei cittadini e che poco aggiungerebbero sull’obiettivo vero che dovrà rimanere l’aumento delle coperture vaccinali”. (5)
Ma che sia questa la linea che viene perseguita dai farmacisti di comunità è nelle dichiarazioni presentate sul sito ufficiale di Federfarma dove il Presidente di Federfarma Verona, Marco Bacchini, sosteneva già a novembre 2019 la richiesta di concessione per
“la vaccinazione solo a quelle farmacie che attestino di possedere un locale chiuso e riservato, oltre che la formazione del personale autorizzato a vaccinare. L’idea di avere dei protocolli standardizzati è il presupposto minimo e necessario affinché ci sia un corretto utilizzo della profilassi. Anche noi in Italia dobbiamo entrare in questa logica che è l’unica che ci permetterà di rispondere a pieno a quella che sarà la farmacia dei servizi nella sua pienezza”. (6)
Opportunità e rischi
Di fronte ai rischi che la situazione pandemica successiva alla fase 2 che prevede la riapertura delle attività e la libera circolazione delle persone dopo il lockdown, a far data 3 giugno, la proposta dell’onorevole Mandelli ha una serie di vantaggi:
- effettuare la vaccinazione antinfluenzale anche in farmacia che avrebbe sicuramente il pregio di accelerare i tempi di somministrazione vaccinale di una grande fetta di popolazione
- favorire l’attività vaccinale che pesa oggi esclusivamente sui medici e pediatri oltre che sulle strutture della ASL, anche in luoghi più facilmente accessibili come sono le farmacie
- estendere la copertura a fasce di popolazione che tendenzialmente non sono raggiunte dalle tradizionali campagne informative.
La proposta di Mandelli si scontra apparentemente col divieto normativo, ben conosciuto dall’esponente ordinistico dei farmacisti ed esponente ormai storico del Parlamento italiano, che sa bene che tale divieto è facilmente superabile con un emendamento inserito in una legge veicolo, che colga il senso dell’odg recentemente approvato dalla Camera.
È anche vero che imboccata una strada, che offre questi vantaggi oggi di sicuro interesse per le autorità sanitarie per la pandemia in atto e la necessità di assicurare la più vasta protezione antinfluenzale entro ottobre ai cittadini, potrebbe essere difficile tornare indietro.
L’obiettivo di Mandelli è, infatti, quello di indirizzare permanentemente pazienti e cittadini verso la farmacia, struttura che offre, oltre a quelli dispensativi farmaceutici tradizionali e convenzionali, servizi aggiuntivi che si collocano nell’ambito della gamma più vasta prevista dalla legge 69 che ha aperto la “farmacia dei servizi”.
Di contro va valutato bene da parte delle Autorità legislative che il dirottamento ennesimo verso il privato convenzionato non sempre è un percorso strategico opportuno come ha insegnato e dimostrato la recente pandemia che in alcune Regioni, che hanno scelto questa strada, ha avuto effetti devastanti.
Riflessioni finali
Per cui il nostro parere di osservatori attenti è quello che si debba procedere con la giusta cautela valutando bene i pro e i contro di questa proposta, che certifica ulteriormente l’intelligenza propositiva dell’onorevole Mandelli, considerando una deroga al divieto che i legislatori avevano inserito nel TULS nel 34 come ben delimitata nel tempo e solo in spazi igienicamente sicuri e solo dopo l’ottenimento di parere favorevole da parte del servizio farmaceutico e del servizio di igiene pubblica delle Aziende sanitarie a seguito di ispezione straordinaria per la verifica della idoneità degli spazi e delle attrezzature a disposizione della farmacia.
Ci sono dei rischi in questa frammistione medici-farmacisti convenzionati SSN come FNOM e FIMG hanno bene delineato ma non per questo si deve eliminare una potenzialità estensiva di copertura vaccinale che questa intelligente proposta delinea. Forse sarebbe stato ancora più lungimirante proporre ulteriori spazi potenzialmente disponibili. con analoghi intenti e ben definite limitazioni, presenti nelle parafarmacie dove operano obbligatoriamente farmacisti, non convenzionati ma abitati alla professione e riconosciuti dalle Autorità sanitarie, e sarebbe stato un atto atteso da un Presidente di Ordini che ricomprende tutti i farmaci esercenti le attività sanitarie, pur considerando la non estensione a questi professionisti dell’impianto di legge sulla farmacia dei servizi. Se forzare il TULS è legittimo, sempre che il Parlamento lo approvi, a maggior ragione si può forzare anche la 69 del 2009, perché serve a tutti, al Sistema sanitario, ai cittadini, ai farmacisti dovunque questi lavorino.
Allegato
La Camera, premesso che:
nei mesi di gennaio e febbraio – quando sono stati riscontrati i primi casi di contagio da coronavirus – in Italia si assisteva al picco dell’influenza stagionale, pertanto, una più corposa campagna vaccinale contro l’influenza avrebbe comportato un alleggerimento della pressione sui Pronto Soccorso e anche una maggiore facilità di individuare e discernere i pazienti contagiati dal coronavirus da quelli che avevano contratto un virus influenzale;
secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’Iss), da ottobre 2019 allo scorso 26 aprile, il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzale è pari a circa 7 milioni e 595 mila casi;
l’influenza colpisce mediamente ogni anno il 9 per cento della popolazione italiana – con un minimo del 4 per cento registrato nella stagione 2005-06 e un massimo del 15% per la stagione 2017-18 – e presenta una curva epidemica che generalmente raggiunge il picco all’inizio del mese di febbraio, colpendo soprattutto la popolazione in età pediatrica (0-4 e 5-14 anni), con un’incidenza cumulativa che decresce all’aumentare dell’età;
in Italia, l’influenza è una delle 10 principali cause di morte; i dati di mortalità specifici per influenza che l’Istat fornisce ogni anno in Italia, stimano in circa 400 il numero di decessi direttamente imputabili all’influenza; tuttavia, tenuto conto che il virus influenzale aggrava le condizioni già compromesse di pazienti affetti da altre patologie (per esempio respiratorie o cardiovascolari) fino a provocarne il decesso, la stessa Istat stima in circa 8.000 il numero dei decessi, registrati ogni anno in Italia, per influenza e per le correlate complicanze;
la vaccinazione è la forma più efficace di prevenzione dell’influenza ed è ricompresa nel calendario vaccinale nazionale tra le quelle previste nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); la vaccinazione antinfluenzale, in accordo con gli obiettivi della pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento degli obiettivi specifici del programma di immunizzazione contro l’influenza, viene offerta attivamente e gratuitamente alle persone che, per le loro condizioni personali, corrono un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l’influenza;
considerato che:
molte Regioni stanno valutando l’opportunità di svolgere più corpose campagne vaccinali nell’ottica che la Fase 2 e la Fase 3 necessitino di un’attenzione ancora più stringente per facilitare la diagnosi ed allentare la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale;
la Società Italiana di Medicina Pediatrica, in vista della riapertura delle scuole nei mesi di settembre- ottobre, auspica che, nella campagna vaccinale 2020-2021, siano inseriti anche i bambini dai 6 ai 14 anni;
le farmacie, in ragione della loro funzione di presidi sanitari polifunzionali del territorio, nell’ambito del progetto di «Farmacia dei Servizi», possono essere siti vaccinali permanenti, previa disponibilità di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e con la presenza di medici, secondo modalità e specifici accordi da stabilire con apposita disciplina;
tale previsione ridurrebbe significativamente i tempi necessari alla somministrazione del vaccino e consentirebbe una più estesa e agevole copertura vaccinale della popolazione, grazie anche alla capillare distribuzione delle farmacie sull’intero territorio nazionale, ivi comprese le aree rurali e periferiche che sono prevalentemente sguarnite di presidi sanitari,
impegna il Governo
a valutare l’opportunità di utilizzare le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e atti a garantire la tutela della privacy per la somministrazione dei vaccini da parte di medici, al fine di contenere gli accessi ospedalieri e di alleggerire il carico degli ambulatori medici. 9/2461-AR/210. Mandelli.