Mascherine e DPI ai tempi del Coronavirus
Prof. Mauro M. De Rosa e Dott. Dario Maratea*
*Nuovo Ospedale S. Stefano Prato, afferente alla UOC Politiche del Farmaco – Azienda USL Toscana Centro
Premessa
Nella quotidiana vita di tutti noi, ormai da mesi, abbiamo imparato a convivere con il tema legato all’infezione da coronavirus. Di recente (11 marzo 2020), l’OMS ha dichiarato l’emergenza una vera e propria pandemia, portando ognuno di noi a modificare le proprie abitudini e stili di vita col fine unico di bloccare la diffusione del virus.1
In questo contesto, risulta rilevante approfondire alcuni punti meritevoli di interesse – senza essere ridondanti – sulla diffusione e informazione di argomenti già ampiamenti discussi sia dal Ministero della Salute che dall’OMS.2-3
Mascherine: quali usare e perchè l’Italia ne è carente
E’ sempre maggiormente evidente come tutta la popolazione italiana stia indossando mascherine di ogni tipo: mascherine chirurgiche, con filtro, fatte in casa. All’inizio del contagio in Italia (29 gennaio 2020) alcuni minimizzavano addirittura sulla portata del virus e non si sapeva nulla su quello che poi sarebbe accaduto. Dal giorno dell’impennata dei contagi in Italia (21 febbraio 2020) tutto è cambiato: il balletto delle mascherine ha assunto progressivamente una rilevanza maggiore, accrescendo in ognuno di noi il senso civico in un momento così critico come quello che stiamo vivendo dal punto di vista dell’emergenza sanitaria. Alcune zone d’Italia ne sono totalmente sprovviste ed è cominciata la corsa all’acquisto di mascherine su internet, facendo lievitare il prezzo fino a diverse decine di euro per una mascherina con filtro.
Dalla stampa e nelle trasmissioni televisive abbiamo assistito a diverse opinioni sull’utilità o meno della mascherina. All’inizio s’insisteva sull’inutilità per le persone sane (purché non stessero a stretto contatto con persone infette), oggi la situazione apparente sembra essere un’altra. Dove sta la verità?
Ad oggi, sul sito del Ministero della Salute sulla pagina dedicata al nuovo coronavirus,2 alla domanda “Quando va indossata la mascherina?” si legge:
«L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di indossare anche una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo coronavirus e presenti sintomi quali tosse o starnuti, oppure se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo coronavirus. L’uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure d’igiene respiratoria e delle mani. Non è utile indossare più mascherine sovrapposte. Inoltre, la mascherina non è necessaria per la popolazione generale in assenza di sintomi di malattie respiratorie».
I vari tipi di mascherine in commercio
Le mascherine si dividono in DPI “Dispositivi di Protezione Individuale” e DM “Dispositivi Medici” o “mascherine medicali”.
-
I Dispositivi di Protezione Individuale
I DPI in commercio di qualunque tipo o categoria essi siano, devono presentare la marcatura CE. Nel caso specifico, il tipo di maschere filtranti richieste per evitare il contagio da coronavirus (classificato come “rischio biologico”), sono regolate dalla norma europea UNI EN 149:2009.4
Tale norma, a seconda dell’efficienza filtrante, classifica le maschere in FFP1, FFP2, FFP3, dove FFP significa Filtering Facepiece Particles (facciale filtrante contro le particelle). Le mascherine consigliate (a chi si deve proteggere dal virus) sono di classe FFP2 o, meglio, FFP3 che hanno un’efficienza filtrante del 92% e 98% rispettivamente. Le FFP1 con il 78% di efficienza sono insufficienti per proteggere dal virus, sono anche chiamate “antipolvere”.
-
Le mascherine medicali o chirurgiche
Le “mascherine medicali” (cosiddette “chirurgiche”) hanno come caratteristica quella di non diffondere agenti biologici pericolosi – i virus – nell’atmosfera circostante. Queste mascherine, le cui caratteristiche e performance sono diverse dalle sopra citate FFP2 o FFP3 possono, quindi, evitare che il portatore diffonda il contagio, ma non proteggono lo stesso adeguatamente dal contagio di provenienza altrui soprattutto per la scarsa aderenza al volto. La UNI EN 14683,4 prevede che esse possano anche essere indossate da pazienti infetti per ridurre il rischio di propagazione d’infezione in situazione di epidemia o pandemia. Dopo l’utilizzo di tali mascherine, essendo oggetti potenzialmente contaminati, è buona norma procedere immediatamente allo smaltimento evitando di porre le stesse a contatto con altre parti del corpo che potrebbero divenire così anch’esse contaminate.
A chi sono consigliate le mascherine
Le mascherine FFP2 o FFP3 devono essere indossate da sanitari o chi sta a stretto contatto con un malato. Queste mascherine sono “sprecate” se utilizzate dalla persona infetta. Sono efficaci solo se indossate con precisa procedura, proprio per questo non sono consigliate a bambini o persone con la barba, a causa “dell’impossibilità di un perfetto adattamento ai contorni del viso”, spiega il Ministero della Salute.5
In questa situazione di emergenza, in continua evoluzione, che per la prima volta esiste nel nostro pianeta, appare sensato consigliare l’utilizzo anche della sola mascherina chirurgica a tutte le persone anche sane, a patto che siano rispettate le norme di buon utilizzo.2 Prendiamo il caso di un soggetto sano, asintomatico ma che può essere positivo al coronavirus (e non sapere di esserlo): l’utilizzo della mascherina chirurgica trova un razionale perché indossandola si possono ridurre i casi di contagio. In teoria, se tutte le persone usassero in maniera corretta anche la sola mascherina chirurgica, si ridurrebbe drasticamente il contagio.
La guerra delle mascherine
Che le scorte di mascherine siano scarse sul territorio nazionale è ben evidente agli occhi di tutti: ospedali rimasti scoperti, cittadini che si arrangiano come meglio possono, personale sanitario impaurito dal rischio di un contagio. Lo stato attuale è questo, non ci sono abbastanza mascherine per proteggere le persone sane e limitare la diffusione da quelle infette.
Due sono i problemi che il nostro Paese sta affrontando in questo momento:
1) le aziende che hanno la certificazione per produrre mascherine FFP2 e FFP3 in Italia non possono sopperire a coprire l’intero fabbisogno nazionale;
2) le imprese all’estero con cui l’Italia ha preso accordi e siglato contratti per l’importazione di mascherine si sono viste requisire i prodotti dai loro paesi.6
In aggiunta, non sono solo le mascherine il problema, ma tutti i DPI interessati per la gestione della pandemia da CoViD-19.
La mossa governativa
Un tentativo che il Governo Conte ha messo in atto è quello di procedere con l’aumento della produzione di mascherine da azienda italiane. Infatti, come si legge all’art. 15 del recentissimo decreto Cura Italia:7
<< …è consentito produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni…>>,
previa validazione dell’Istituto Superiore di Sanità. Grande impegno quindi del Governo per cercare di arginare i problemi, ma questa strada – purtroppo – non potrà certamente dare i suoi frutti nel brevissimo periodo. A questo problema se ne aggiunge un altro, ovvero la necessità di avere un fabbisogno di circa 90 milioni di mascherine al mese (mascherine chirurgiche e con filtro) e l’Italia ha effettuato contratti per 55 milioni ed al momento ne sono state consegnate solamente 5 milioni.8
Il comportamento degli altri Paesi
Stiamo assistendo ad una vera e propria chiusura delle frontiere da parte di quei Paesi in cui i fornitori erano riusciti a recuperare mascherine. Tuttavia, pare che qualche cosa si stia muovendo e che questi blocchi si stiano man mano risolvendo verso una destinazione cospicua di DPI verso l’Italia.6 Pur volendo essere fiduciosi e speranzosi nell’aiuto internazionale all’emergenza mascherine, il vero problema che rimane è quello di dipendere unicamente dall’import estero: abbiamo assistito ad una vera e propria delocalizzazione dell’attività produttiva dei DPI in generale in zone dove la manodopera è più a basso costo, lasciando la propria nazione priva di punti strategici produttivi per far fronte ad emergenze come questa pandemia da coronavirus.
Un motivo di speranza
Recentemente sulla Gazzetta di Modena è apparso un articolo che annuncia che la società Tecnoline di Concordia sulla Secchia, azienda del Distretto Biomedicale Mirandolese, venerdì scorso ha avviato la produzione di mascherine chirurgiche, fra i dispositivi di protezione individuale più richiesti per il contenimento della diffusione del nuovo Coronavirus.
“Tecnoline si occupa principalmente di produzione di sacche per la dialisi e di dispositivi intra e post-operatori per la raccolta del sangue e il trattamento con l’ozono; da pochi giorni ha iniziato a produrre mascherine con le attrezzature già presenti in fabbrica.“Si tratta in questo momento di mascherine chirurgiche, già registrate con marchio CE ma – precisa Stefano Foschieri, amministratore delegato della società – stiamo attendendo la conferma della registrazione per le mascherine FFP2, ci auguriamo di avere una risposta positiva a breve”.Le richieste arrivano da enti pubblici e aziende private, dal settore sanitario a quello alimentare. L’azienda è operativa con 3 turni, 7 giorni su 7, h 24. Il massimo della produzione verrà raggiunto fra 7-10 giorni quando si arriverà all’obiettivo di 40mila mascherine realizzate al giorno. Sono già pervenute richieste per 500mila pezzi ma l’azienda punta a produrne 1 milione in un mese.“Stavamo lavorando a questo nuovo progetto da una settimana ma non ne abbiamo parlato perché abbiamo voluto prima verificare la fattibilità e avere la certezza che il prodotto rispondesse perfettamente alle richieste. Progettare in silenzio puntando all’obiettivo finale è quello che ci ha insegnato il Dottor Mario Veronesi, il fondatore del Distretto Biomedicale Mirandolese, e questo è il modo in cui lavoriamo”. Tecnoline è anche l’azienda produttrice delle parti in plastica delle barelle per biocontenimento, attualmente utilizzate per il trasporto dei malati da Coronavirus (tutti ricordano le immagini del ritorno del ragazzo friulano dalla Cina).”
Conclusioni
Come la Tecnoline di Concordia, simbolo del comparto del biomedicale modenese, insegna, esiste un problema di politica industriale perché le aziende per sopravvivere sono costrette a delocalizzare la produzione in Paesi asiatici dove il costo del lavoro è più basso e si ha così la possibilità di poter vendere i propri prodotti fornendoli a costi competitivi oppure, alternativa, c’è la dismissione e la perdita di un tessuto produttivo e di specifico know-how.
Fortunatamente la Tecnoline e sicuramente altre aziende italiane sono intervenute di fronte a questa situazione emergenziale e hanno posto sul mercato le agognate mascherine. Il messaggio che ne deriva è che le gare ad evidenza pubblica non potranno essere più solo ed esclusivamente al prezzo più basso che, almeno per questi prodotti a bassa tecnologia, esclude dal mercato le nostre aziende italiane per la non competitività dei prezzi. Occorrerà trovare le soluzione tecniche e normative per assicurare alle “nostre” piccole medie imprese di assicurare la fornitura per prodotti come questi sicuramente non “strategici” come i sistemi di difesa militari e le telecomunicazioni ma in condizioni di pandemia virale ugualmente importanti.
BIBLIOGRAFIA
1) Governo italiano Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sito web: http://www.governo.it/
2) Ministero della Salute, nuovo coronavirus. Sito web: http://www.salute.gov.it/
3) World Health Organization, Coronavirus. Sito web: https://www.who.int/
4) Assosistema safety. Position Paper. Sito web: http://www.assosistema.it
5) Ministero della Salute. Sito web: http://www.salute.gov.it/
6) La Repubblica. Coronavirus, mossa di Von der Leyen: basta blocchi di materiale sanitario nell’Ue, condividere le mascherine. Sito web: https://www.repubblica.it/
7) Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, anno 161°, numero 70. DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18. Sito web: https://www.gazzettaufficiale.it/
8) Il Sole 24 Ore. Sito web: https://www.ilsole24ore.com/