Mancata aderenza alla terapia e sviluppo delle patologie croniche: attuazione regionale del piano nazionale cronicità
Prof. Mauro M. De Rosa e Dott.ssa Daniela Calzia
Nonostante negli ultimi decenni la ricerca clinica abbia portato allo sviluppo di nuove alternative terapeutiche in grado di trattare patologie altrimenti considerate “incurabili”, tale progresso rischia, in alcuni casi, di essere vanificato come accade per esempio nel caso delle malattie croniche.
In Italia, infatti, il problema della mancata aderenza alla terapia soprattutto in pazienti cronici sta assumendo dimensioni sempre più importanti, basti pensare che il 50% degli anziani nel nostro Paese è colpito da almeno una malattia cronica, di cui si stima che solo la metà assuma i farmaci in modo corretto in quanto molti non aderiscono ai trattamenti o li abbandonano dopo un breve periodo (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Gli anziani proprio per la maggiore difficoltà a seguire le indicazioni del medico ricoprono la classe maggiore di “non aderenti”: infatti circa il 70% è affetto da pluripatologie e si stima che circa l’11% debba assumere ogni giorno 10 o più farmaci, diventando pluritrattati.
La non-aderenza può essere intesa come “non intenzionale” in cui il paziente non ha compreso la terapia, o parti di essa, oppure incorre in dimenticanze saltuarie oppure “intenzionale” in cui è proprio il paziente a decidere di non curarsi per una serie di ragioni che possono andare dalla negazione della malattia, all’interpretazione errata dei sintomi, come non gravi o come non curabili, ad atteggiamenti di sfida verso la malattia o verso il personale sanitario.
Inoltre, questa è una strada biunivoca: la crescita della mancata aderenza porta ad una crescita a livello mondiale dell’incidenza delle malattie croniche.
Considerando il fatto che, da dati ISTAT aggiornati al 1 gennaio 2018, l’Italia risulta il secondo Paese “più vecchio”, la spesa per la gestione delle malattie croniche incide per circa l’80% sui costi del Servizio Sanitario Nazionale. Al fine di limitare la crescente domanda e poter ottimizzare le risorse disponibili del SSN, nel 2016 il Ministero della Salute ha varato un Piano Nazionale della Cronicità (PNC) volto a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio e su una migliore organizzazione dei servizi.
Nonostante queste siano direttive a livello nazionale non sempre trovano applicazione a livello regionale in quanto vengono recepite ed attuate con tempistiche e modalità differenti.
Questa realtà viene fotografata all’interno del recente libro “Cronicità e aderenza: dal piano nazionale ai piani regionali” pubblicato da Pharmadoc S.r.l. con il supporto incondizionato di Servier.
In tale volume viene fatta una overview sui punti più importanti del PNC e vengono analizzati, dal punto di vista normativo ed applicativo, i modelli attuativi di tale piano a livello di dodici Regioni. Per ogni Regione vengono citate le Delibere regionali approvate e riportate in sintesi, le strategie e i percorsi organizzativi e gestionali per la presa in carico del paziente cronico, finalizzati all’incremento dell’aderenza terapeutica.
Da questo excursus emerge una certa variabilità regionale in cui sono presenti: Regioni virtuose che, oltre ad aver recepito il PNC, hanno istituito un proprio Piano Regionale Cronicità, oppure hanno affrontato il tema cronicità all’interno del Piano Socio Sanitario Regionale con l’istituzione di Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) e Regioni, invece, che risultano “fanalini di coda” nell’attuazione di possibili soluzioni per monitorare e migliorare l’aderenza alla terapia.
Con il fine di garantire una migliore ed equa assistenza sanitaria al paziente affetto da multi morbilità potenzialmente cronico ed ai pazienti già classificati come cronici, risulta necessario agire a livello normativo in modo che vengano istituiti percorsi socio-sanitari, organizzativi e gestionali anche in quelle Regioni dove sono state riscontrate criticità che ostacolano l’attuazione degli obiettivi del PNC.