Il farmaco puoi ritirarlo anche dal macellaio!
Dott.ssa Anna Garaventa, Avv. Sabrina Devoto, Prof. Mauro M. De Rosa
Abstract
La consegna al domicilio dei medicinali risulta un argomento controverso perché si presta ad interventi potenzialmente lesivi del rispetto del codice deontologico della professione. La normativa sulla dematerializzazione della ricetta però interviene sulla tematica creando il terreno per possibili “abusi”, così come le sentenze in ambito penale derivanti da un caso specifico dove sono coinvolti nella consegna al paziente al di fuori della farmacia addirittura esercizi commerciali decisamente distanti sotto il profilo delle merci commercializzate, ad uso espressamente alimentare. Risulta auspicabile un intervento chiarificatore dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato per gli aspetti anticoncorrenziali e quelli di natura deontologica da parte della Federazione degli Ordine dei farmacisti.
Premessa
L’attività di distribuzione dei medicinali da parte del farmacista convenzionato col SSN risale all’articolo 122 del TULS 1934 che assegnava l’esclusiva distributiva nella relazione con i pazienti territoriali, con l’unica eccezione per i pazienti ricoverati che rimaneva appannaggio del farmacista ospedaliero.
L’attività distributiva si concretizza con la ricezione della ricetta del medico, il riconoscimento dei medicinali prescritti, l’integrazione eventuale della prescrizione con un atto informativo, la ricezione di eventuali forme compartecipative corrisposte dal paziente alla farmacia, ed infine la consegna del prodotto al paziente.
Quest’ultima attività può essere effettuata o direttamente al paziente in farmacia o presso il domicilio dello stesso sempre a cura della farmacia.
Il servizio svolto dalle farmacie -sostiene Federfarma –
“consiste nella consegna gratuita dei farmaci a domicilio per casi non urgenti riservato esclusivamente alle persone che sono impossibilitate a recarsi in farmacia, per disabilità o gravi malattie, e non possono delegare altri soggetti” (1).
La recente normativa che è intervenuta a regolamentare la dematerializzazione della ricetta, si esprime sull’argomento e proprio all’articolo 4 del Dm 30 dicembre 2020 rende possibile un diverso orientamento, recitando:
“Art. 4. promemoria della ricetta elettronica. Modalità di utilizzo presso le farmacie nella fase emergenziale”. Il comma 4 dell’articolo prevede che “Laddove possibile, la farmacia provvede a recapitare i farmaci all’indirizzo indicato dall’assistito in fase di richiesta telematica di erogazione dei farmaci”.
In buona sostanza, il divieto che si arguiva dalle indicazioni di Federfarma ai propri associati viene nei fatti superato.
Scrive infatti la stessa Associazione sul proprio sito che si tratta di
“un’opportunità che viene data al cittadino e che resta in subordine all’effettiva possibilità di poter essere attuata, secondo le disponibilità della farmacia e, ovviamente, tramite modalità da stabilire, di volta in volta, con accordi tra cittadino e farmacia. La consegna a domicilio in ogni caso deve rispettare il Codice deontologico dei farmacisti approvato dalla Fofi. In particolare, in base all’art. 30 del Codice deontologico, la consegna a domicilio dei medicinali soggetti a prescrizione medica può essere effettuata soltanto dopo che in farmacia sia avvenuta la spedizione della ricetta.” (2)
Il problema della concorrenza sleale
Ancora, l’Associazione di categoria nello stesso comunicato si pone il problema della possibile estensione di service utilizzabile dalle farmacie per fare una potenziale consegna “estesa” potenzialmente sleale nei confronti di farmacisti concorrenti, e così precisa:
“…il farmacista che pone in essere iniziative di consegna a domicilio dei medicinali deve assicurare l’informazione e il consiglio professionale, il rispetto del diritto di libera scelta del cittadino della propria farmacia, della normativa a tutela della privacy e deve garantire, oltre alla sicurezza, corrette condizioni di conservazione dei medicinali. Infine, ai sensi del’art.18 del Codice deontologico, la consegna a domicilio non deve diventare un escamotage per organizzare iniziative di accaparramento di prescrizioni mediche. Si ricorda che il recente decreto che ha dematerializzato la ricetta non Ssn non autorizza la vendita on line di farmaci con prescrizione medica, espressamente vietata dalla legislazione di settore”.
Il fatto
Una farmacista e due esercenti attività commerciali – tra cui una macelleria- sono stati imputati in un procedimento penale per esercizio abusivo di una professione (art. 348 Codice Penale), per aver la prima consegnato direttamente o tramite un terzo, anch’esso imputato, dei medicinali ai secondi, i quali a loro volta li hanno accettati e si sono fatti carico di consegnarli ai pazienti nei propri esercizi commerciali.
In breve, invece che recarsi presso i locali della farmacia per il ritiro, i pazienti si recavano presso la macelleria e l’altra attività commerciale a ritirare i propri ordini.
Gli imputati, condannati in primo grado, sono stati assolti dalla Corte d’appello di Messina con sentenza dell’11.02.22, sentenza poi impugnata con ricorso in Cassazione dal Procuratore Generale.
La Corte di Cassazione con la sentenza del 10 novembre 2022 n. 48839 ha respinto il ricorso ritenendolo inammissibile.
Non è un reato
È, dunque, lecito che una farmacia consegni i medicinali non direttamente all’assistito/paziente/cliente, ma gli dia la possibilità di ritirarli in un altro luogo a lui più comodo?
La risposta data dalla Cassazione è sì, ma occorre non dimenticare che è stata formulata all’interno di un processo penale dove le circostanze fattuali assumono una rilevanza fondamentale, del tutto peculiare rispetto ai procedimenti in sede civile o amministrativa. Infatti, trattandosi di riscontrare una responsabilità penale, la configurabilità del reato necessita di accertamenti sia sul piano oggettivo che sul piano soggettivo.
Già la Corte d’appello aveva ritenuto non configurabile il reato di esercizio abusivo della professione di farmacista (art. 348 c.p.) a carico degli esercenti le attività commerciali presso cui la farmacista “lasciava” i farmaci, non essendo stato compiuto dagli stessi alcun atto tipico della professione al di fuori della farmacia, limitandosi alla mera attività materiale di consegna dei farmaci.
La Cassazione condivide tale lettura, valutando in primis non riscontrabili le violazioni delle norme sulla conservazione e trasporto dei farmaci poiché in concreto non accertate.
Quanto alle violazioni contestate in merito al deposito e distribuzione dei medicinali, la Suprema Corte osserva che, circa l’elemento oggettivo, dalle testimonianze rese risulta che gli imputati si limitassero a ricevere i farmaci dalla farmacista e a consegnarli ai destinatari.
Le attività tipiche della professione, ossia: ricezione ordinativi e/o ricette, predisposizione, confezionamento ed emissione dello scontrino avvenivano all’interno della farmacia da parte della farmacista.
Quindi, i farmaci provenivano dalla farmacia, confezionati e posti in buste chiuse sigillate unitamente allo scontrino fiscale, dietro richiesta del destinatario, che provvedeva al ritiro e al pagamento (destinato alla farmacia) presso i locali delle attività commerciali.
Sul lato soggettivo, secondo la Cassazione, non risulta provata la consapevolezza degli imputati a svolgere attività proprie della professione di farmacista senza averne il titolo, stante l’attività meramente materiale affidatagli da soggetto invece abilitato, il quale, dal canto suo, voleva offrire un servizio alla clientela recapitando i farmaci nel luogo più comodo alla stessa.
Ai soggetti titolari della macelleria non è dunque ascrivibile alcuna condotta penalmente rilevante.
Dal canto suo, la farmacista -in quanto tale- non può invece essere imputata del reato di cui all’art. 348 c.p. potendo, al più incorrere in una violazione dell’art.122 TULPS che prevede un reato proprio, cioè la vendita di medicinali da parte di un farmacista fuori della farmacia.
Ma anche sotto questo aspetto la ricostruzione dei fatti, avvenuta in base alle dichiarazioni dei testi, ha portato la Suprema Corte a ritenere che tutte le attività tipiche avvenissero esclusivamente nei locali della farmacia.
Conclusioni
Se da un lato la sentenza pare aver effettuato un attento esame dei fatti non ritenendo le condotte penalmente rilevanti, dall’altro, se si considera il contesto attuale dove l’e-commerce acquista sempre più spazio, tale pronuncia non può che portare a riflettere su quale sia la direzione che si sta prendendo nella vendita (globalmente intesa) dei farmaci e il ruolo del farmacista in questa delicata attività che non può esaurirsi nella compravendita di un semplice prodotto.
La consegna del medicinale al paziente o a chi ne ha la delega, tranne casi espressamente descritti in ordinamento come quelli riguardanti stupefacenti o veleni ove vige un divieto espresso, potrebbe non essere più espressamente confinata alla farmacia ed in estensione neppure ai pazienti che risiedono nella stessa pianta organica ove la farmacia ha la sede.
Gli elementi per un intervento dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ci sono già così come quelli di natura deontologica che riguarda la Federazione e gli Ordini: vedremo se queste sentenze produrranno qualche novità in proposito.